25 OTTOBRE 1983
Operazione “Urgent Fury” a Grenada
Il presidente Ronald Reagan definiva l’isola dei Caraibi di fronte al Venezuela, famosa per la produzione di noce moscata, «una colonia sovietico-cubana»
Stiamo costruendo un grande aeroporto e presto sarà possibile raggiungere questo paradiso tropicale direttamente dagli Stati Uniti”, recitava con entusiasmo un grande poster appeso a New York sui muri dell’Ufficio del Turismo di Grenada, agli inizi degli anni Ottanta. Eppure, alle 5 e 30 del 25 ottobre 1983 nella capitale Saint George’s non sbarcarono i turisti, ma 7.300 marines, navy seals, paracadutisti e rangers. L’operazione “Urgent Fury” (“Furia Urgente”) era iniziata: gli Stati Uniti stavano invadendo la minuscola isola dei Caraibi di fronte al Venezuela, famosa solo per la produzione di noce moscata. Perché, aveva tuonato pochi giorni prima Ronald Reagan, «altro che noce moscata! Qui è in gioco la nostra sicurezza ai confini meridionali!». Cosa stava succedendo? In piena Guerra Fredda l’America centrale, tra la rivoluzione sandinista in Nicaragua e Fidel Castro a Cuba, era un problema: «Questo è il conflitto che dobbiamo vincere – affermava il presidente – perché se i sovietici vincessero in America centrale noi perderemmo dappertutto».
Indipendente dal 1974, Grenada – circa 110 mila abitanti – era stata governata da Eric Gairy. Singolare, il personaggio: paranoico, fissato con gli Ufo e il paranormale, aveva instaurato un regime dittatoriale, corrotto e violento. Ai suoi ordini, gli “spietati” della milizia “Moongoose gang” si occupavano di eliminare dissenso e oppositori. Insomma, secondo l’ambasciatore statunitense Frank Ortiz, Grenada era una «baraccopoli tropicale quasi in bancarotta». Così, era cresciuto il New Jewel Movement, un partito marxista e filocubano. A capo Maurice Bishop: 35 anni, laureato alla London School of Economics, plasmato dal Caribbean Black Power e dalle idee di Malcolm X. Il NJM colpì il 13 marzo 1979, mentre Gairy era a New York a parlare di Ufo. Appoggiati dalla folla, gli uomini di Bishop presero l’armeria e, senza spargimento di sangue, la rivoluzione assunse subito «l’atmosfera e il ritmo di una festa, un carnevale», disse poi la recluta Ewart Layne. Il nuovo governo attuò subito una serie di riforme: l’elettricità arrivò in tutti i villaggi, la disoccupazione scese dal 49% al 14%, fu introdotta l’assistenza medica e una campagna contro l’analfabetismo. Per il futuro dell’isola mancava però un aeroporto internazionale, decisivo per il turismo e le esportazioni. Per l’assistenza, arrivarono a Grenada 686 operai e consulenti cubani. Inaccettabile, per Reagan: l’aeroporto sarebbe potuto servire come base per i caccia sovietici in grado di attaccare gli Stati Uniti.
Gli eventi precipitarono: nel giugno del 1983 Bishop andò a Washington. Ma il tentativo di migliorare le relazioni si scontrò con l’intransigenza dei marxisti del NJM: il 13 ottobre Bernard Coard – il vice primo ministro – rovesciò il governo e Bishop finì agli arresti domiciliari. Non era finita: il 19 ottobre una folla si recò a casa di Bishop e lo liberò. Arrivarono però i soldati fedeli a Coard, aprirono il fuoco e lo fucilarono. La misura era colma per Reagan, che ormai definiva Grenada «una colonia sovietico-cubana». Sull’isola risiedevano circa un migliaio di americani, quasi tutti studenti iscritti alla facoltà di Medicina: non erano in pericolo, ma la necessità di proteggerli fu il pretesto per l’invasione.
Così, partì “Urgent Fury” e in quattro giorni tutto finì: 19 morti americani, 25 cubani, 21 militari e 24 civili di Grenada. L’Assemblea generale dell’Onu condannò l’invasione come una «flagrante violazione del diritto internazionale», ma ben altro era il significato per Ronald Reagan. Per la prima volta dopo il Vietnam, infatti, le truppe erano state impiegate in un’azione bellica, e il presidente celebrò la vittoria: «Missione compiuta! Le nostre forze armate sono di nuovo in piedi!», esclamò con entusiasmo. Si era forse dimenticato che pochi giorni prima, il 23 ottobre, a Beirut un camion carico di esplosivi aveva falciato 241 marines inviati per separare i contendenti della guerra civile. O, invece, non se ne era affatto dimenticato, e una minuscola guerra era quello che ci voleva.
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