DA PROVARE
Birra trappista, un sorso di Paradiso
È di una bontà che sfiora il divino, la birra trappista. Perché prima di tutto quando si assaggia questa bevanda alcolica, non si tornerà più indietro e le altre “bionde” a base di luppolo sembreranno acqua frizzantina con poco, pochissimo sapore. Vengono prodotte dai monaci e dalle monache circestensi della Stretta Osservanza e seguo la regola di San Benedetto, preghiera e silenzio. E poi, bevendo la birra trappista ci si assicura un pezzetto di Paradiso: infatti il ricavato della vendita non ha scopo di lucro.
LA PREPARAZIONE
La caratteristica di questa bevanda è legata a luogo e modalità di realizzazione ovvero in pochissimi posti, in particolare nelle Fiandre, nel Belgio settentrionale, dove si concentra la maggior parte dei monasteri. Per prima cosa la birra deve essere brassata all’interno di un’abbazia trappista, inoltre i ricavi ottenuti dalla vendita di questa birra devono essere impiegati e destinati alla realizzazione – da parte dell’ordine monastico – di attività di stampo caritatevole e benefico e mai destinati al profitto. Infine, come terzo requisito necessario, dovrà esserci il totale controllo da parte della comunità trappista del processo produttivo della birra così come dell’orientamento commerciale. Il modo infallibile per comprendere quali sono le birre trappiste è il logo rosso esagonale che attesta l’autenticità della “bionda” o “rossa” grazie al bollino di “Authentic Trappist Product”, la licenza che vale 5 anni.
L’ASSOCIAZIONE
Questo bollino o marchio che si voglia chiamare è stato ideato nel 1997, quando otto abbazie trappiste fondarono la Ita (acronimo appunto di International Trappist Association). Le abbazie che hanno dato vita all’associazione sono Chimay, Orval, Rochefort, Westmalle, Westvleteren e Achel a cui si aggiungono una tedesca, Mariawald, e una olandese, Koningshoeven. Il più antico di loro è quello di Westmalle. Tuttavia l’origine di questa birra è ben più antica ed è francese: l’ordine dei Trappisti ha avuto origine nel monastero cistercense di La Trappe, in Francia.
LA STORIA
Nella seconda metà del Seicento, l’abate di La Trappe, ritenendo eccessivi e troppo libertini i comportamenti dei monaci decise di introdurre delle regole più severe dando vita all’ordine della stretta osservanza. Il logo esagonale serve a garantire il consumatore per ciò che concerne il prodotto e la sua realizzazione, oltre ad assicurare il rispetto dei valori della comunità trappista, che al momento conta dodici birre prodotte in altrettanti monasteri a cui si sommano due: la maggior parte si trovano in Belgio dove se ne trovano cinque, altri due in Olanda, uno un Italia, uno in America e uno nel Regno Unito. A questi si sommano due birrifici in Francia, considerati trappisti ma non producono all’interno dell’abbazia e dunque non possono usare il logo sulle loro bottiglie.
LO STILE DI VITA DEI MONACI
Nel loro stile di vita, i monaci e le monache seguono la regola di San Benedetto (480-547) e la spiritualità cistercense. Sono i valori monastici su cui si basa la produzione a garantire l’unicità. E se vale davvero la regola che siamo ciò che mangiamo e beviamo, non resta che votarsi alle birre monastiche per garantirsi un pezzetto di Paradiso.
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