DOLCI
Confetti: simboli, storie e gusto
Ci sono quelli rosa pallido o di un delicato azzurro, argentati e dall’intenso color scarlatto, del classico color avorio e i tradizionali bianco neve, ma anche verdi, gialli e dorati; per i confetti, piccoli e gustosi bon bon con un cuore di mandorla ricoperto di zucchero, c’è un colore per ogni ricorrenza. Ma quale che sia la tonalità scelta ricevere e regalare questi dolcetti, che accompagnano battesimi e matrimoni, feste di laurea e anniversari, comunioni e compleanni, è sempre un piacere per il palato e per il significato a essi collegato.
LE ORIGINI
Le testimonianze storiche che parlano di questi prodotti dolciari sono antiche e pare che già in epoca romana comparissero nelle mense delle famiglie nobili e venissero gustati per celebrare sposalizi e nascite. Presenti anche nel Medioevo spesso avevano il cuore fatto di semi di coriandolo e di anice, e venivano mangiati durante occasioni importanti, serviti ai matrimoni reali come testimoniato anche da un dipinto che ritrae le nozze tra Teodolinda, regina dei Longobardi, e Agilulfo, o lanciati sulle folle durante il Carnevale dai balconi dei palazzi nobiliari. Ma seppure simili nell’idea e nell’uso, i confetti che deliziavano i palati nell’Antica Roma e nel periodo medievale avevano però la ricopertura fatta di miele e farina. Per trovare quelli che conosciamo oggi bisognerà aspettare il 1400; solo allora si diffuse, infatti, in Italia e nel resto d’Europa lo zucchero che, sostituendo il miele, divenne l’ingrediente principe di questi dolci e non solo. Già introdotto dagli Arabi in Sicilia e nel sud della Spagna nel IX secolo, prima del Rinascimento questo dolcificante prodotto dalla canna da zucchero, pianta originaria della Nuova Guinea, era però poco conosciuto e molto caro, ma con il moltiplicarsi dei viaggi e delle esplorazioni divenne sempre più facile approvvigionarsene.
LA PREPARAZIONE
Da allora, i confetti che vedono nel nostro paese la patria d’origine, vengono prodotti usando delle caldaie di rame o di acciaio chiamate “bassine”. All’interno di questi calderoni rotanti, di cui esistono diverse forme, la soluzione di saccarosio evapora grazie al calore e si solidifica attorno alla mandorla. L’operazione di confettura è ripetuta più volte e quando l’involucro è pronto viene lucidato e, se richiesto, colorato. Se ora i confetti sono abbordabili per tutti, fino a un centinaio di anni fa comparivano quasi esclusivamente nelle case dei nobili e dei benestanti; ne andavano matti Gioacchino Rossini, che oltre a essere uno dei più celebri compositori italiani del XIX secolo era un gran buongustaio, e Giacomo Leopardi. Il poeta de Il sabato del villaggio ne era talmente ghiotto che i confetti furono una delle ultime cose che mangiò, pare un chilo e mezzo, poche ore prima di morire il 14 giugno del 1837. L’abbuffata contribuì, secondo una teoria mai accertata, a dare il colpo di grazia a un fisico già debilitato da numerose patologie croniche. Ma meglio lasciar riposare in pace la memoria, e la golosità, del grande poeta.
CONFETTI DAL MONDO
Anche se i confetti “made in Italy” sono probabilmente i più famosi nel mondo vero è che in diversi altri paesi è uso ricoprire mandorle, noci e altri semi con lo zucchero, e in alcuni casi i dolcetti “stranieri” non sono così tanto diversi dai nostri; in Spagna, dove si chiamano “peladillas”, la tradizione è ben radicata e la soleggiata comunità valenciana, ricca di mandorleti, è una delle zone storiche dove si producono i confetti spagnoli. Anche la città oltralpe di Verdun è un rinomato centro confettiero da secoli e pare che quando Napoleone passò da quelle parti fu accolto da imponenti festoni fatti da “dragées”, come si chiamano in francese. Insomma, dietro a un piccolo dolcetto tanti simboli, storie e gusto.
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