DA SAPERE
La prima ape influencer
Da ape regina a influncer. il mondo delle api è declinato da sempre al femminile. L’ape più famosa del mondo è B. Il suo scopo è salvare il mondo. La si trova sui social network, il suo profilo Instagram Bee_nfluencer - è stato creato poco più di un anno fa e ha 293mila follower che ogni giorno seguono le sue stories.
Fa yoga e meditazione, guarda Netflix e la serie Casa de papel, si ispira a Beyonce e ama i quadri di Claude Monet. Durante il lockdown ha fatto fitness in casa per scolpire il corpo in vista dell’estate. L’8 marzo ha lanciato une messaggio alle donne: «Insieme siamo più forti, supportiamoci ogni giorno».
Dietro B. c’è la Fondation de France, che ha creato il profilo della prima ape-influencer nell’aprile 2019 per aumentare la consapevolezza sulla situazione delle api nel mondo e raccogliere fondi per proteggerle. «Voglio compiacere i marchi di tutto il mondo per raccogliere fondi per salvare le api, molte delle quali scompaiono ogni anno» scrive B. sul suo profilo Instagram. «Ho bisogno di te: più follower ho su Instagram, più marchi saranno interessati e più soldi raccoglierò». Perché le api sono fondamentali per il ciclo della vita: salvando gli insetti laboriosi, si salva la vita.
«Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita», affermò Albert Einstein. Non sappiamo se sia proprio così, ma senza le api ci sarebbe un drastico calo di prodotti alimentari. In Europa ogni anno, il 24 per cento delle api muore, mentre dall’84 per cento delle piante con fiori selvatiche e coltivate dipende l’impollinazione ed è per questo che è molto importante salvaguardare la biodiversità. Il 75 percento delle colture agrarie mondiali è impollinato dalle api.
Lo ricordiamo: tramite le api avviene l’impollinazione, evento che dà il via alla crescita dei frutti. Questi insetti sono in pericolo: il riscaldamento globale causato dell’inquinamento stravolge i loro ritmo vitale rendendole “pazze” perché rischiano di trovarsi il polline quando non sono ancora pronte a raccoglierlo o, viceversa, di avere fioriture vuote senza nutrimento sufficiente per alimentare lo sciame. Non solo: il cambiamento climatico sta anche favorendo la diffusione dei parassiti che distruggono gli alveari. A ciò poi va aggiunto l’uso massiccio di pesticidi e sostanze nocive come il glisolfato (molto usato negli erbicidi) da parte di alcuni settori dell’agricoltura e che, trasportate dall’aria, intossicano l’habitat delle api.
Per fortuna, a vegliare sugli insetti gialloneri ci sono gli apicoltori e l’Unione Europea che lo scorso 20 maggio, giornata mondiale delle api e della biodiversità ha accesso i riflettori proprio sull’impollinazione. Anche in Italia il movimento sta crescendo e ha il volto delle donne. Una tendenza in crescita quella delle donne che amano le api. In Lombardia, un’impresa su quattro del settore apistico a fine 2019 era a guida femminile (secondo Coldiretti regionale e Camera di Commercio di Milano, Monza e Brianza e Lodi).
Pur non essendoci un dato nazionale sul genere – in totale gli apicoltori italiani sono circa 63mila – sono finiti i tempi in cui le donne si limitavano a mettere il miele nei vasetti e a venderlo, mentre il marito seguiva le api. Un mondo che l’apicultrice Barbara Bonomi Romagnoli racconta con ironia nel suo libro Bye Happy (edizioni Habitus). una interpretazione dell’apicultura come atto culturale e politico. Femminista, perché no. Perché se è vero che le api sono alla base della vita, la vita delle persone è anche la base dell’apicultura come attività umana, con tutte le sue sfaccettature.
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