ALL’ORIGINE
Garum, il condimento romano che usa il passato remoto
La salsa di pesce ottenuta con la fermentazione sotto sale delle interiora. Conferisce un odore e un sapore molto intenso ai piatti
Ne erano ghiotti gli antichi Romani, dai cui banchetti non mancava mai, utilizzata in vari modi e in gran parte come condimento di accompagnamento per la cacciagione. Ma pare che il garum, salsa di pesce ottenuta tramite fermentazione sotto sale di interiora di pesci “poveri” mescolate a pezzi di altri pesci, abbia origini ancora più antiche: si tratterebbe infatti di una tecnica di fermentazione molto usata dai Greci e dai Fenici, al punto che il termine deriverebbe proprio da un termine greco, garos o garon, che indica il tipo di pesce con i cui intestini la salsa veniva preparata secondo la ricetta tradizionale.
Alcuni studi citano addirittura lo storico e scrittore latino Lampidrio che sosteneva come quella salsa non mancasse mai dai banchetti di Eliogabalo, proclamato imperatore romano nel 218 a soli quattordici anni, e che fosse stata inventata nel 510 avanti Cristo dai Sibariti, gli abitanti dell’antica colonia greca achea nel golfo di Taranto, nota per la ricchezza e la mollezza dei costumi, che erano molto attaccati alle dolcezze della vita e che amavano sperimentare nuovi condimenti.
Prodotta utilizzando interiora di sgombro, di acciughe, di salmone, anguilla, sardine, aringhe unite a sale ed erbe aromatiche e lasciata a fermentare per molti giorni esponendola al sole e rivoltandola più volte e raccogliendo poi il liquido filtrato: a seconda delle epoche antiche e dei popoli cambia poco, così come poco cambia nel cercare di risalire alle origini.
Plinio parla di tantissime specie di garum, considerato un condimento molto raffinato, e che in una qualità prodotta da pesci senza squame si beveva in pratiche legate alla castità e alla superstizione, mentre medici ne usavano per calmare i dolori alle orecchie, alla bocca, curare ustioni, morsi, ulcere e infezioni. Ma anche in campo veterinario. E quello “vero”, con una lavorazione complessa, era preparato nell’antica Roma con pesci pregiati, accessibile solo ai ricchi e spesso unito ad aromi provenienti dall’Oriente.
In ogni caso, il garum oggi è tornato di moda. Certo, per questioni anche igieniche, non più prodotto alla maniera degli antichi Romani: ma moltissimi chef si ispirano a questa produzione, la reinterpretano e ne ricreano il gusto particolare anche sulle tavole moderne. L’odore e il sapore sono particolarmente intensi, proprio perché alla base c’è la marinatura di interiora e di scarti di pesce, e le dosi usate per condire devono essere ben ponderate.
Viene usato anche sulla pasta in alcuni piatti, e compare nei menù di tanti ristoranti, fatto anche in maniera diversa da quella tradizionale: ed esistono, in Italia ma anche in altri Paesi del mondo, locali a tema. Non solo di pesce, ma anche di carne, soprattutto manzo e cervo, di verdure, vegetale e vegano, prodotto con funghi, è davvero un alimento che ricorre anche nelle cucine stellate, seguendo le linee del procedimento tradizionale: “scarti”, salamoia e microrganismi che facciano fermentare il prodotto.
Proprio la fermentazione, infatti, andrebbe a creare quel sapore particolare. Sembra che la preparazione che maggiormente si avvicina a quella del garum antico sia a Cetara, borgo campano della Costiera Amalfitana, la cui salsa liquida tipica derivata dalla colatura di alici intere dal sapore intenso, viene prodotta seguendo un disciplinare e un metodo molto rigido, facendo maturare le alici in acqua e sale. Ma è poi la creatività degli chef che permette di realizzare varianti moderne.
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