A TEATRO
Il mio Tony che cerca (e trova) il cambiamento
Il ruolo del protagonista Manero è affidato a un perfetto Simone Sassudelli. Dal 10 ottobre all’11 gennaio al Nazionale di Milano
A Tony Manero voglio bene perché è un ragazzo che nasconde una grande sensibilità, cosa che io apprezzo molto nelle persone, e che impara ad ascoltare veramente». Simone Sassudelli riprende sul palco ancora una volta un ruolo che cinematograficamente è stato di John Travolta: già Danny Zuko in Grease, ora, dal 10 ottobre all’11 gennaio, è Tony Manero al Teatro Nazionale di Milano nella nuova versione italiana di Compagnia della Rancia di La febbre del sabato sera diretta da Mauro Simone e ispirata al film del 1977. «È una responsabilità gigantesca per tanti motivi – ammette il suo stato d’animo Sassudelli –, uno dei primi è perché Travolta ha portato questo personaggio nel cinema creando un ruolo iconico non solo a livello di film musicale, ma anche a livello di storia: tutti conoscono Tony Manero e lo associano a Travolta. E poi portare in scena un protagonista di questo calibro è una responsabilità perché secondo me Tony va sì a raccontare quella che era la generazione Anni Settanta, ma poiché il teatro serve non solo a raccontare una storia, ma anche a comunicare, a insegnare qualcosa, c’è il lato del voler raccontare qualcosa anche agli adolescenti di questa generazione, che si trovano affrontare la vita e le difficoltà. Sarà un Tony molto attinente a quell’epoca, ma con un grande lavoro fatto sulla sua emotività, sul suo viaggio emotivo durante lo spettacolo. Non sarà solo il Tony che balla bene e che è ammirato per questo da tutti: la regia di Mauro Simone esalta il suo rapporto con la famiglia, con gli amici, con il fratello, con Stephanie, la ragazza che un po’ lo illumina. Tutto questo aiuterà Tony a fare un grande cambiamento, ad andarsene, a volere di più, a inseguire il suo sogno». Un cambiamento che, secondo Sassudelli, è anche rappresentato da quell’abito bianco della gara, che a Tony viene donato proprio dal fratello prete che ha deciso di lasciare la Chiesa, atteggiamento che inizialmente il protagonista fatica a comprendere, mentre alla fine capirà che il «cambiamento deve avvenire dentro di lui, siamo noi che dobbiamo cercare il nostro cambiamento attivamente, senza aspettare che la vita ti scorra adesso. Staying alive, appunto: trovare un senso».
A interpretare il ruolo di Stephanie è Gaia Soprano, ma sul palco c’è anche un po’ della provincia di Varese, con il giovane ballerino gallaratese Lorenzo Longobardi che sarà Gus, dopo essere stato nell’ensemble di We will rock you e come danzatore in Raffaella! Omaggio alla Carrà. Sul palco, un totale di 21 performer in uno spettacolo dove il testo e le liriche di alcune canzoni rese immortali dai Bee Gees sono stati tradotti da Franco Travaglio, mentre i brani che animano le scene ambientate alla discoteca 2001 Odissey verranno interpretati in inglese. «Riguardando il film ho trovato molti spunti per il mio personaggio – conclude Sassudelli –: Tony è molto puntiglioso, attento al dettaglio, è un buono, ma in realtà segue molto l’istinto, sa di essere un bel ragazzo e di essere bravo a ballare e si affida alle sue certezze. In questo mi ha insegnato ad affidarmi ai miei punti di forza e a valorizzarli. Ma lui è abbastanza sfrontato nei confronti delle persone, matura pian piano una forza e una indole molto potente che alla fine lo portano a fare scelte: questa è una differenza con Simone, perché io mi fermo, rifletto, lui è molto più diretto, istintivo, è uno che usa le sue certezze. Io ho cercato di prendere questa cosa e di riportarla sul palco».
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