LA BEVANDA
Le origini del cappuccino
È una religione con il suo rito del mattino. Il cappuccino è un appuntamento irrinunciabile per milioni di appassionati in Italia che quasi ogni giorno fanno colazione con la bevanda a base di latte e caffè. A questi si sommano i miliardi di persone che amano il preparato italiano e che lo gustano a ogni giorno del giorno in ampissime tazze, andando in giro con il beverone a base di latte e caffè. Ma i turisti spesso lo ordinano al ristorante, talvolta in accompagnamento a un piatto di pasta o cane. Accadono pure simili bizzarrie: ma questi accostamenti temerari sono concessi solo agli stranieri in Italia e che conoscono poco le regole alla base dell’alimentazione del Bel Paese.
L’ORIGINE
Qui, il cappuccino si è diffuso negli ultimi quattro secoli: secondo la leggenda il nome deriva dal tedesco Kapuziner, il saio indossato dal frate dell’ordine dei Cappuccini Marco da Aviano. Inviato a Vienna dal Papa, durante il soggiorno nella città, il monaco passò da un caffetteria viennese, verso la fine del 1600, chiese di addolcire il caffè con il latte e il colore del suo abito ispirò il nome della bevanda, il Kapuziner. Si tratta di una bevanda ancora lontana da quella che conosciamo tutti, il progenitore del cappuccino veniva preparato con il metodo alla turca e il latte non era montato. C’è poi anche un’altra versione che risale alla fine del XVIII secolo quando pare che il cappuccino pare che sia nato sempre da una bevanda viennese composta di caffè, panna montata e spezie, adattata poi nei territori di Trieste.
I SEGRETI
Una bevanda in evoluzione ma che resta fedele ad alcune regole. A svelarne i segreti è l’esperto della materia, Gianni Tratzi di Mezzatazza Consulting. Lo fa come se dovesse insegnare a dei giovani alle prime armi la preparazione: «La base di un buon cappuccino è il tenere a mente l’equilibrio in ogni fase ed aspetto. Si parte dal caffè: è fondamentale un espresso estratto al meglio, con ricetta giusta. Il volume nella tazza non deve essere esagerato: un caffè lungo annacqua il cappuccino, un caffè ristretto sparisce con il grasso del latte. Poi chi prepara il cappuccino deve focalizzarsi sul fatto che che se ha troppa crema non può chiamarlo cappuccino». Un aspetto che lo specialista della materia e considerato guru dalle caffetterie più raffinate di mezza Italia, dice essere legato alla digestione: «Se ci fosse troppa crema vorrebbe dire che c’è troppa aria e diventerebbe difficile la digestione, oltre al fatto che la texture al palato diventerebbe spiacevole. Allo stesso tempo se ci fosse troppa poca crema non si può chiamarlo cappuccino e avrebbe la consistenza del caffè latte». Da cappuccino a caffè latte il passo è breve: è questioni di quantità. E per gli esperti è una vera e propria eresia. Quindi quanta crema ci deve essere? «Il cappuccino deve avere massimo 1-1,5 centimetri di crema - decreta Tratzi sottolineando -.
L’IMPORTANZA DELLA CREMA
Altra cosa deve essere la texture della crema: ovvero la maniera in cui viene montato il latte. Alla vista deve sembrare panna leggermente montata, le bolle non si devono vedere». E nel caso ci fossero? «Il barista deve studiare ancora». Infine, per comprendere se il cappuccino sia buono cosa bisogna guardare? «Il colpo d’occhio per capire dove fanno buono il cappuccino è legato ad alcuni articoli: la lancia del vapore sempre sempre pulita, latte mai fuori ma sempre preso dal frigo, mai troppo rumore quando si monta il latte, mai il latte freddo che rabbocca il latte caldo». Altro che semplice bevanda da bere in pochissimi minuti: il cappuccino è un concentrato di equilibrio che dà il via alle giornate.
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