SINERGIE
Le simbiosi tra animali: collaborazioni che aiutano
Ci sono casi in cui le relazioni sono neutre o anche svantaggiose. Ma i mutualismi sono interazioni reciprocamente vantaggiose
Vivere in simbiosi”! Quando facciamo affermazioni di questo tipo, siamo soliti attribuire una carica di grande positività. Nelle nostre menti passano immagini di forte unità, di intima associazione, immaginiamo una coesistenza, in particolare tra due individui, propositiva e felice, con piena comunione di idee e di interessi. In realtà, anche se non è proprio indispensabile pensarci esplicitamente, dovremmo ricordare che questo concetto di “unità che fa la forza” deriva dalla mutazione di concetti strettamente biologici.
È vero che tra i viventi una relazione simbiotica si possa realizzare proprio con una reciprocità di benefici per i protagonisti. Ma è solo uno delle tantissime varietà possibili di comportamento “simbiotico”: come sempre, in natura succede molto di più, e in modo molto più articolato. In questo caso si parla infatti di un caso particolare di interazione, che viene definito “simbiosi mutualistica”. Ma ci sono tanti altri casi in cui le relazioni tra individui possono risultar neutre, o persino svantaggiose, per una delle due parti in causa, come ad esempio nel parassitismo, una “simbiosi” nella quale solo una delle due parti ottiene vantaggi a scapito dell’altra.
I mutualismi sono quindi interazioni reciprocamente vantaggiose per le diverse specie coinvolte. Nemmeno Homo sapiens è esente da questo modello cooperativo. Le comunità batteriche che vivono nel nostro intestino, ad esempio, dal nostro punto di vista risultano fondamentali per svolgere al meglio i processi digestivi, oltre ad avere un ruolo attivo nel mantenere una adeguata funzionalità del sistema immunitario e nella produzione di vitamina B9. In cambio, questi batteri trovano, al nostro interno, un ambiente ricco di nutrienti dove vivere protetti (a meno di utilizzo massivi di antibiotici, ragione per la quale si assumono, proprio in concomitanza di queste terapie, anche determinati probiotici, tradizionalmente chiamati “fermenti lattici”).
Le comunità microbiche svolgono anche un ruolo cruciale nel processo digestivo in particolare negli erbivori, intervenendo nel facilitare la degradazione dei materiali vegetali, più complessi da digerire rispetto al cibo di origine animale. Negli erbivori spesso la presenza di batteri “simbionti” riguarda porzioni specifiche del tratto digestivo, come ad esempio il rumine, e i tempi di ritenzione del cibo sono più lunghi proprio per migliorare l’efficienza della digestione, che in larga parte dipende dai batteri, dato che paradossalmente la cellulosa che costituisce i vegetali non è proprio facilmente digeribile, per giungere, grazie alla simbiosi mutualistica, a prodotti finali più facili da assimilare. Nelle tartarughe terrestri vige un mutualismo importante con alcune specie fungine (funghi intestinali anaerobici come le specie del genere Testudinimyces). Nutrendosi di cereali, foglie e frutti, le tartarughe possiedono un intestino cieco ampio, conservano il cibo per periodi di tempo estremamente lunghi (12-14 giorni) e fanno affidamento sulla fermentazione nell’intestino posteriore per compiere una digestione efficace, di concerto con i loro funghi simbionti.
Anche alcuni insetti che si nutrono con diete dalla composizione estremamente sbilanciata, o con un basso valore nutrizionale come, ad esempio, il sangue di vertebrati (carente di vitamine del gruppo B), linfa vegetale (per la quale gli aminoacidi essenziali scarseggiano) o legno (grossolanamente carente di azoto e di vari nutrienti essenziali), non possono prescindere da una proficua sinergia con i batteri. Ospitano infatti microrganismi simbiotici che forniscono nutrienti specifici, compensando le carenze della dieta. Sempre tra gli insetti è noto il ruolo dei microrganismi residenti nell’intestino delle termiti, che si nutrono di fibre legnose. L’intestino delle termiti (a differenza di quello dei mammiferi) ha una notevole attività cellulasica (degradazione della cellulosa ad opera di specifici enzimi). Ma il microbiota intestinale di questi insetti xilofagi (mangiatori di legno) contribuisce riutilizzando l’azoto prodotto nella digestione, o fissando l’azoto atmosferico.
Non è da trascurare inoltre il ruolo del microbiota presente nelle zanzare del genere Anopheles, che riduce l’infezione del plasmodio della malaria ingerito con il pasto di sangue. Nello specifico, viene inibita l’invasione dell’epitelio dell’intestino da parte degli stadi di sviluppo del plasmodio, e questo effetto è mediato dai batteri presenti nell’intestino che tutelano pienamente lo stato di salute della zanzara. Cosa dire…. a confronto con le vicende bibliche del pastorello Davide che si contrappone al gigante Golia, simbologia del coraggio che trionfa sulla forza bruta forse, nei casi ricordati, più che la contrapposizione, appare avvincente e vincente la collaborazione e la sinergia quasi invisibile con organismi poco considerati o addirittura vituperati come i batteri, che diventano indispensabili.
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