FUMETTI
Mafalda, l’eterna bambina mette i cerotti al mondo
Nata dalla matita di Quino, compie sessant’anni il personaggio dai capelli arruffati
Sapere che ogni volta che si pronuncia il suo nome lo si associa immediatamente a quello di Mafalda, gli faceva piacere «sicuramente, anche se Mafalda ha rappresentato solo un periodo breve della mia carriera lavorativa, dal 1964, quando apparve in tre strisce su un supplemento umoristico di una rivista, al 1973. Mafalda doveva servire per pubblicizzare una marca di elettrodomestici nel cui logo erano contenute una M e una A: non feci quella campagna, ma mi restarono alcune strisce. La mia prima pubblicazione, però, con un disegno di humor grafico, risale al 1954 sul settimanale argentino “Esto Es”», rimasta ininterrotta sino al 2010.
Era il 2012 quando Quino compiva ottant’anni, nato il 17 luglio 1932 a Mendoza, in Argentina, da immigrati andalusi. Ed era capitata la grande fortuna di riuscire a intervistarlo. È mancato il 20 settembre 2020, il giorno dopo l’anniversario per i 56 anni dalla prima pubblicazione di Mafalda, “nata”, appunto, il 29 settembre 1964. Ma continua a vivere. Anche grazie proprio a quell’eterna bambina, quella “still little rebel baby”, come era definita in un masterclass all’edizione di quest’anno della Bologna Children’s Book Fair, nonostante compia sessant’anni.
Un compleanno importante, con festeggiamenti in tutto il mondo con iniziative tra le più varie. In Italia è a Rimini l’evento più consistente: fino al 15 settembre una mostra originalissima dal titolo Mafalda – Una bambina dalla parte delle donne porta questo amatissimo personaggio dai capelli arruffati su pannelli esposti sulla spiaggia, dal Bagno 100 al Bagno 151. Ed è solo un esempio.
«Le storie di Mafalda sono “tragicamente” di attualità – sottolinea Ivan Giovannucci, dell’agenzia letteraria Caminito, che cura i diritti d’autore delle pubblicazioni di Quino in Europa e che è stato traduttore delle strisce di Mafalda dopo Macelo Ravoni -. Lo stesso Quino, che tra l’altro considerava Mafalda una rompiscatole, si meravigliava di come fosse sempre attualissima e si stupiva del fatto che la conoscessero i bambini. Per lui era strano che un personaggio degli Anni sessanta, con la radio a transistor, con il triciclo, la tv in bianco e nero, con cose che i bambini oggi non sanno nemmeno che cosa sono, che giocava ai cow boy con i suoi amici e fosse circondata da cose che nel Duemila non c’erano più potesse avere un pubblico anche di ragazzini delle scuole elementari».
Eppure è davvero così: sessant’anni ed essere sempre e ancora quella piccola bambina ribelle. Del resto, in quell’intervista per i suoi ottant’anni, Quino non aveva avuto dubbi: «Credo – aveva detto – che l’atteggiamento contestatore dei bambini non sia cambiato rispetto ai tempi di Mafalda. Sono sempre attenti e sensibili alle tematiche quali l’ecologia o la guerra; poi, come dice Mafalda, subentra “l’adultità” e la musica cambia. Mi spiace ammetterlo, ma Mafalda è ancora attuale, nel senso che i problemi e i “mali del mondo” non sono cambiati, sono sempre quelli».
Ed eccola, allora, Mafalda che mette cerotti e prova a utilizzare creme di bellezza per curare i mali del mondo, e che, come Quino, avrebbe voluto metterne sul mappamondo «laddove c’è una guerra: purtroppo dovrebbe procurarsene una gran quantità». Eccola con la potenza dei suoi messaggi “da adulta” ma con la semplicità di una bambina, capace di quelle osservazioni spesso permeate dall’umorismo, ma che lasciano quell’amarezza a cui non si resta indifferenti. «La cosa molto bella della serie – sottolinea ancora Ivan Giovannucci – è che sicuramente Mafalda è Mafalda, ma Quino ha fatto anche con i personaggi “comprimari” un tratto della società, la sua capacità è stata quella di prendere persone reali e trasportarle nei bambini. Da Manolito, che è il commerciante, a Libertad, che ha un grandissimo senso anche per come è disegnata: è piccolina, più piccola anche del fratellino di Mafalda, nonostante come età sia più grande, perché è il senso della libertà che è piccolina. La cosa bella di Quino è che lui non si è mai tirato indietro, ma ha fatto un ritratto della società da tutti i punti di vista». Un’attenzione che per forza ha dovuto essere presente nella traduzione. «La cosa difficile nell’approcciarsi a una traduzione – spiega Giovannucci – è il dover tradurre non letteralmente ma lasciando il senso. Quello di Quino è uno spagnolo argentino e inoltre quando si traduce bisogna sempre pensare come pensa l’autore, ma trasportando il tutto, senza stravolgerlo, in maniera che il senso arrivi, in questo caso, al pubblico italiano, altrimenti alcune cose non vengono capite». Detto questo, per Giovannucci, che più che di Mafalda è stato e continua a essere un grandissimo fan di Quino, che ha frequentato non solo come agente e traduttore, ma anche come vero amico, trovando in lui e in sua moglie Alicia una sorta di famiglia, vivere così vicino a questo fumetto e tradurlo è stato un piacere. E non lo nasconde nell’entusiasmo con cui ancora si approccia al mondo del grandissimo illustratore e a tutti i suoi personaggi.
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