ANIMALI
Il segreto del riccio
La felicità è una questione di peso. Dal peso dell’anima a quello di un piccolissimo riccio, ci sono pochi e impercettibili grammi.
Ventuno grammi si dice sia il peso dell’anima, 25 grammi è il peso del riccio Ninna salvato dal veterinario Massimo Vacchetta. Il segreto della felicità per il veterinario è racchiuso in quei 25 grammi che gli hanno cambiato la vita; come direbbe Lorenzo Jovanotti, «hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più». Sembra impossibile eppure un piccolo animale selvatico ha rivoluzionato la vita di un uomo.
Classe 1967, Vacchetta vive a Novello in provincia di Cuneo, nelle Langhe, dove ha aperto il Centro di recupero ricci «La Ninna» (un ospedale dedicato a loro) ed è presidente dell’associazione «La casa dei ricci»; ha scritto due libri per condividere la sua esperienza «25 grammi di felicità» e «Cuore di riccio», editi da Sperling & Kupfer.
Sabato 6 aprile sarà a Varese alle ore 18 alla libreria Ubik (piazza del Podestà) con Lucia Tiziani e Elisa Scarpiono per presentarli.
Sono un veterinario pazzerello, mi imita anche Nicola Savino su Radio DeeJay e facciamo delle grandi risate», esordisce al telefono con una voce allegra mentre inserisce il viva voce perché deve dare da mangiare ai 120 ricci e accudirli.
«Non sono sempre stato così: io dei ricci non sapevo niente. Ero il veterinario delle fattorie, mi occupavo delle mucche quando trovai Ninna. Era un periodo molto particolare della mia vita, ero reduce dal fallimento del mio matrimonio e non l’avevo presa bene. Fino a quel momento avevo avuto uno stile di vita edonistico ed ero un uomo egoista e schiavo dell’immagine».
Ora va in giro con una Panda che gli regalò la madre, mentre prima usava un enorme Pajero come racconta e fatica a lasciare l’ospedale dei ricci, mentre prima era un cultore dei viaggi.
La vita del veterinario è cambiata grazie agli animaletti con gli aculei e spiega questo amore: «I ricci sono indifesi, hanno questo aspetto molto tenero e per me è stato amore a prima vista, mi hanno aperto il cuore».
È considerato uno dei massimi esperti di ricci, tanto che gli arrivano segnalazioni e richieste d’aiuto da tutta Italia, anche dalla zona di Varese. È sempre disponibile, risponde a tutti con modi gentili e pacati. E soprattutto trasmette amore, si commuove mentre racconta il suo percorso.
«Fino a quel momento della mia vita avevo avuto dei grandi blocchi emotivi, per la prima volta piansi. Vengo da una famiglia che mi ha amato tantissimo ma i miei genitori si separarono presto. Ero ossessionato dalle separazioni e dal dovermi separare dalle persone. Dunque io vivevo nel terrore: la più grande cura della mia vita è stato lasciare andare libera Ninna quando guarì perché, ricordo, che i ricci sono animali selvatici».
Quelli che tiene in casa, sono ricci disabili che hanno subito traumi molto forti perdendo le zampine, il naso che spesso sono stati feriti durante le falciature. Nel libro ci sono molti passaggi commoventi.
«In 25 grammi racconto proprio la storia della Ninna e del nostro incontro e di come sia cambiata la mia vita», spiega mentre gli trema la voce,
«Ancora adesso mi commuovo perché è stato davvero un passaggio fondamentale della mia vita».
Ancora più complesso il secondo lavoro che appunto presenta a Varese, «Cuore di riccio», perché?
«Attraverso il racconto dei ricci, parlo anche del rapporto con mia madre che nel frattempo si è ammalata e purtroppo poi è morta. Ho deciso di scrivere i libri per condividere la mia esperienza e, ammetto, anche per sensibilizzare le persone al rispetto di questa terra in cui viviamo». Racconta di aver acquistato dei terreni nelle Langhe per salvaguardare il territorio.
«Avessi avuto più denaro avrei acquistato anche un altro lotto per farne un parco naturale, purtroppo non ho più il mio vecchio stipendio da veterinario delle mucche. Avrei lasciato la prateria e i boschi».
Racconta la sua nuova vita immersa nel verde, nella sua casa che è diventata un punto di accoglienza per i ricci disabili.
«Vado a letto molto tardi, perché sono animali notturni e devono essere accuditi».
Si allontana per presentare il libro oppure incontrare i giovani, anche se ammette: «Temo sempre che appena mi allontano da casa, succeda qualcosa anche se ci sono i volontari. In generale, penso sia importante parlare ai ragazzi, spesso vado nelle scuole perché vorrei trasmettere non solo l’amore per i ricci ma soprattutto l’amore per natura in cui viviamo: dobbiamo prendercene cura. Accudire i ricci vuol dire anche creare un mondo sano e sostenibile. E soprattutto dico loro di fare le cose con amore, di fare ciò che li rende felici».
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