GRANCHIO BLU
Il predatore alieno sulle tavole degli chef stellati
C’è chi gli alieni li ha immaginati un po’ mostruosi e simili alle creature marine. Quando poi la realtà supera la fantasia, gli alieni vengono mangiati. Come per una beffa del destino, non c’è scampo e sono “fritti” - nel senso metaforico del termine - i granchi blu: specie aliena che ora si trova anche nelle nostre acque del Mediterraneo. Particolarmente apprezzato per il suo sapore delicato e dolce. E come tutti gli alieni, ovvero non autoctoni, rischiano di mandare in crisi l’ecosistema delle acque del mare: per questo da quando sono comparsi questi essere blu, una specie esotica di rara voracità che si mangia i pesci autoctoni e altri granchi, l’unico scampo per salvaguardare il “mare nostrum” è appunto pescare il cosiddetto Callinectes sapidus, un crostaceo che ha iniziato a invadere da qualche tempo le coste italiane, dall’Adriatico in giù. Arriva dalla sponda occidentale dell’Atlantico e dal golfo del Messico e il colore blu deriva dal suo aspetto: ha delle grosse chele e zampe scure. Se però il suo spirito predatorio è molto accentuato nei confronti dei suoi simili, tanto da costituire un problema per la biodiversità marina, non lo è per l’uomo. La storia dell’arrivo “blu” in Europa risale alla metà del secolo scorso quando ci furono i primi avvistamenti. Era il 1947 quando fece capolino in Grecia, sulle coste del mar Egeo; ci vollero due anni per poi trovarlo nell’Adriatico a Grado in provincia di Gorizia per la precisione. Il suo habitat predilige fondali sabbiosi e fangosi, dove acqua dolce e salata si incontrano, come in prossimità di foci fluviali e lagune costiere: da qui la sua presenza nel golfo di Trieste, Marano e Laguna di Venezia, coste dalmate, greche e sicule. Resta da rispondere alla domanda: com’è arrivato fino al Mediterraneo? C’è chi fa risalire la causa alle temperature troppo elevate del maree, chi invece spiega siano complici le acque di zavorra delle navi. Negli ultimi anni la sua presenza massiccia e soprattutto l’invasione nel mar Tirreno soprattutto nel Lazio nella riserva naturale di Torre Flaia tra Ladispolo e Cerveteri ha messo in allarme il mondo dei biologi marini. E qual è la soluzione? Mangiarli, farne piatti prelibati. Nei ristoranti asiatici il crostaceo viene venduto a un prezzo altissimo, ma non in Italia. Gli esperti spingono il suo consumo perché la pesca è l’unico modo per tenere sotto controllo questa specie non autoctona molto vorace, tanto da raggiungere prezzi stellari, fino a 150 euro al chilo. Nelle zone d’origine, ovvero tra le cose del Messico e Sud America, viene preparato al vapore, bollito in acqua oppure grigliato. Viene usato per le polpette o con gli spaghetti. Per gustarlo in maniera semplice, basta immergerlo per una ventina di minuti in acqua bollente. Una volta diventato di colore arancione il granchio può essere gustato, il consiglio è di assaporarlo “nature” per assaporarne la delicatezza. Da evitarsi dunque di insaporirlo con aromi e spezie, è meglio non alterare il sapore dolce del granchio blu. Anche il granchio si presta alla più classiche delle ricette di pesce italiane: spaghetti con la sua polpa. Per l’uso, è consigliato far bollire il crostaceo blu una decina di minuti, poi saltare la polpa in padella con pomodoro pachino, aglio e olio per pochi minuti, dosare poi sale e pepe. Usare l’acqua di cottura per cuocere gli spaghetti che, una volta scolati, finiranno la cottura nel sugo. Il granchio è ottimo anche per le polpette, bastano sempre dieci minuti in acqua. La polpa poi va mescolata con con patate lessate, aglio tritato, prezzemolo, scorzetta di limone, erba cipollina e uovo. Una volta passate nel pane grattugiato, si friggono. Sarà pure un granchio alieno, ma come direbbe Alberto Sordi: «Mi hai provocato, ora ti mangio».
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