OLTRE
La prima scelta è di seconda mano
La transizione green e l’aumento del second hand
Affermare che la moda sia uno dei settori più inquinanti del Pianeta non è certo sconvolgente: secondo un rapporto ONU di qualche anno fa, infatti, l’alto consumo di energia e la lunghissima filiera portano il mondo del fashion a contribuire alle emissioni globali di gas serra per circa il 10% del totale. Addirittura, l’energia consumata sarebbe pari a quella dell’industria aeronautica e marittima. Non solo, però, perché l’allarme lanciato da Greenpeace indica la moda come terzo settore per consumo di acqua e suolo, solo in Unione Europea. Ed è proprio qui che, inoltre, vengono prodotti la maggior parte dei rifiuti, per un totale di 5,8 milioni di tonnellate di vestiti scartati, circa 12 kg a persona. Numeri che spaventano, ma che – al tempo stesso – permettono di comprendere quanto l’aumento del second hand abbia rappresentato una boccata d’ossigeno per l’ambiente, bilanciando l’impronta ambientale del fast fashion. Un mercato destinato a raddoppiare entro il 2027, con una velocità di crescita che supera di gran lunga quella dell’abbigliamento nel suo complesso e che, stando a La Red del Cambio 2024 – la ricerca sviluppata da Wallapop in occasione del suo terzo anniversario in Italia in merito a consumo consapevole ed economia circolare – porta circa il 64% degli italiani a rivolgersi al second hand. Una tendenza in crescita, che sembra farà aumentare non solo il numero degli acquirenti, ma anche quello dei venditori: si stima, infatti, che circa l’86% degli italiani sia interessato a vendere alcuni degli oggetti che ha in casa. A spingere i consumatori verso il mercato del riuso non sono solo i vantaggi economici, sebbene per il 95% delle persone il prezzo sia determinate nell’acquisto, ma un senso di responsabilità che porta a voler fare diventare consumatori più attenti. Le prospettive sembrano diventare più green in futuro: secondo la ricerca Wallapop, infatti, entro il 2023 circa il 93% dei consumatori rifletterà sulla necessità di acquistare un prodotto prima di farlo e l’85% preferirà vendere ciò di cui non ha più bisogno, invece di gettarlo via. Un desiderio di sostenibilità che si riflette anche attraverso nuove richieste da parte dei consumatori, che chiedono sempre più trasparenza e qualità alle aziende, per rendere i propri beni più duraturi nel tempo. E, magari, più facili da vendere. Indubbiamente, il nuovo interesse per l’usato porterà a un cambiamento negli equilibri del mercato, che potrebbe veder sorgere la figura dei “ricondizionatori”, professionisti in grado di far tornare a nuova vita i prodotti usati.
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