L’INTERVISTA
Birkenfeld: «L’Ue non tema Trump ma sfidi la corruzione»
Il private banker di Boston che ha distrutto il segreto bancario svizzero rassicura sull’export: «Gli americani amano l’Italia»
Bradley Charles Birkenfeld, 59 anni, è un trumpiano in servizio permanente effettivo. Venerdì (15 novembre) volerà a Washington, ieri (lunedì 11) era a Boston e pochi giorni fa era a Parigi ma dovunque vada l’ex “banchiere di Lucifero”, ora filantropo, passato alla storia come il whistleblower finanziario che ha distrutto il segreto bancario svizzero, ha il Lago Maggiore nel cuore. Ci tornerà nel 2025 per riaprire la sua villa a Laveno Mombello con vista spettacolare e magari un giorno - chi può dirlo? - dalla terrazza vi si affaccerà il 47° presidente americano. Per il momento, l’ex private banker di Ubs che girava in Ferrari si sente di rassicurare chi teme sfracelli commerciali: «Gli americani amano l’Italia e tutto ciò che è italiano». E aggiunge: «Trump will protect this!».
Però proprio Donald Trump ha annunciato dazi importanti sui prodotti che arrivano dall’estero: gli americani potranno continuare a consumare e acquistare prodotti di qualità “made in Italy”?
«Trump implementerà dazi che tutelino i lavoratori e i consumatori americani: questo è un approccio fondamentale per aiutare il tuo Paese. E garantirà che i prodotti italiani continuino ad arrivare ai consumatori statunitensi, poiché esiste una lunga eredità di americani che richiedono e amano i prodotti italiani. I dazi non sono un argomento negativo ma uno strumento perfetto per negoziare equamente con altri Paesi».
Il tycoon di nuovo alla Casa Bianca nonostante le previsioni dei sondaggisti: la vera notizia è che ha vinto lui o ha perso la Harris?
«La storica vittoria di Donald Trump su Kamala Harris è dovuta al suo messaggio chiaro e all’efficacia della sa campagna elettorale: lui ha avuto un approccio più completo nel connettersi con i potenziali elettori e nel convincere quelli indipendenti che la sua leadership è vitale e di estrema necessità per l’America».
Il futuro presidente passerà alla storia per due ragioni: è stato eletto per due volte non consecutive ed è l’unico a vantare una foto segnaletica della Polizia. Secondo lei è un martire o un genio?
«Donald Trump ha resistito a tanti («so many») attacchi ingiustificati. Non ha mai ricoperto una carica pubblica fino a quando non ha battuto Hillary Clinton, che era molto favorita, alle Presidenziali del 2016. Le bugie collettive e l’eccessiva disinformazione perpetuate dai principali media, dai politici in carica e dagli attori/attrici di Hollywood sono davvero scandalose. D’ora in poi Trump sarà visto come un vero americano che mette il Paese al primo posto e denuncia la corruzione radicata».
Le campagne elettorali sono ormai segnate da fake news che discreditano l’avversario politico sul piano personale: si può parlare di involuzione della più importante democrazia del mondo?
«La macchina delle fake news mina la società, facendo circolare le peggiori informazioni. Questa tattica era stata utilizzata da Hillary Clinton e fallì miseramente. Gli Stati Uniti sono un grande Paese con 350 milioni di abitanti e background molto diversi, etnico, religioso, economico, sociale, quindi le fake news possono prendere di mira molte campagne politiche ma alla fine vengono smascherate per ciò che sono: una totale frode».
Cosa c’è nella “pancia” degli americani che hanno votato Donald Trump, ossia operai, agricoltori del Midwest, media borghesia?
«Gli elettori che hanno sostenuto energicamente Donald Trump erano stanchi delle molteplici bugie, dell’economia fallimentare, delle frontiere aperte, della debolezza nei confronti della criminalità e di un manifesto transgender contrario a molti principi americani. Tutto questo è scandaloso e ora la gente ha parlato».
Quanto ha inciso la globalizzazione e le pratiche non sempre trasparenti della finanza che regola Wall Street sull’impoverimento del ceto medio americano?
«Sfortunatamente, gli americani consumano molti beni materiali, automobili, stereo, telefoni, tv, poiché spendono gran parte del loro reddito disponibile e si indebitano anche con le carte di credito, con alti interessi imposti dalle banche. Wall Street ha bisogno di essere regolamentata e smembrata poiché i suoi poteri monopolistici sono veramente dannosi per la classe media e per il Paese».
In che misura Elon Musk, che ha già in mano buona parte delle chiavi della Difesa e delle Agenzie di intelligence americane, ha pesato sulla vittoria di Trump?
«Elon Musk ha sostenuto i principi razionali delineati da Donald Trump, il suo candidato. Proprio come i miliardari Mark Zuckerberg, George Soros, Jeff Bezos, hanno deciso di sostenere la loro candidata, Kamala Harris, e hanno fallito. Musk ha dimostrato che mirate strategie aziendali possono aiutare una spesa pubblica fuori controllo: un uomo d’affari di successo può implementare molte idee per migliorare e rendere il governo più efficiente. Questo è necessario dopo il disastroso fallimento dei quattro anni di Biden/Harris».
Trump è il protagonista del disimpegno delle truppe americane in Afghanistan: secondo lei la presenza militare Usa sullo scenario mondiale sarà ridimensionata?
«Bisogna capire che la macchina militare e i neo-conservatori i sono stati sfidati e smascherati: per decenni hanno controllato il 50% del prodotto interno lordo (il Gdp, ndr) degli Stati Uniti. Hanno gestito male, perso, sovraccaricato e perpetuato un sistema di guerre all’estero: questo è sbagliato e cambierà sotto Donald Trump. Miliardi di dollari possono essere riallocati in modo efficiente per cause migliori negli Usa come l’istruzione, le infrastrutture, il lavoro. La CIA e l’Esercito americano dovranno affrontare una massiccia revisione, che era attesa da tempo».
L’Europa sarà danneggiata dalla visione sovranista di Trump?
«L’Unione Europea deve diventare un sistema più efficiente ed equo per le persone e non per i politici. L’Ue dovrà affrontare molti cambiamenti e sfide da parte di Trump, poiché lui gestirà il governo degli Stati Uniti come un’impresa. L’Europa è stata troppo lenta nel ridurre gli sprechi, le frodi e la corruzione che la minano. C’è bisogno di whistleblower!».
Il servizio completo sulla Prealpina di martedì 12 novembre, in edicola e disponibile anche in edizione digitale.
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