SUL LUNGOLAGO
Ispra, il ruggito di Repice: «Ha segnato il Varese»
Al Summer fest il più famoso dei radiocronisti. Due ore di racconti da Morales a Conte, passando per Martellini e Pizzul. E quel «maledetto 30 maggio ‘84»
«Reeeete: ha segnato il Varese». Quello che difficilmente potrà capitare nella realtà dell’etere, è avvenuto a Ispra, ieri sera, venerdì 26 luglio, per una platea di oltre cento spettatori, nel corso della “Vecchia camiceria summer fest”, sul lungolago, anzi sulla spiaggia che il Maggiore lambisce dolcemente al tramonto: Francesco Repice, “The voice” delle radiocronache di calcio, oggi il più grande cantore del pallone di alto livello, ha raccontato per quasi tre ore la sua professione, i ricordi più belli, le emozioni più forti, i colleghi. E anche un po’ di sé. «Quando andrò in pensione, tornerò a Tropea e mi dedicherò alla passione per la pesca».
Repice, calabrese di nascita, romano d’adozione, è in Rai da quasi trent’annni. A Ispra ha condotto la serata insieme a Pasquale Martinoli, giornalista della Prealpina, e a Lapo De Carlo, giornalista a tutto campo e scrittore.
«VARESE, GOL DI MAUTI»
Il modo, le parole e il tono in crescendo con cui Repice racconta un gol sono diventate virali. Sono emozioni riservate alle grandi squadre, ai grandi match. A Ispra un omaggio al Varese: «Ha segnato il Varese». E poi «Ha segnato il mio amico Massimo Mauti». Mauti ha vestito la maglia biancorossa dal ‘79 all’82 sfiorando una promozione in Serie A. «E ha segnato Cecilli». Marco Cecilli ha disputato solo una stagione nel Varese, sempre in quel periodo. «Due ragazzi fantastici che hanno giocato nel Varese e poi sono andati a Cosenza. Hanno riempito la mia mente di immagini meravigliose».
STILI: CLASSICO, ANDANTE, CON BRIO
Le radiocronache: tante stili? «Penso di sì - ha commentato Repice -, penso che ci sia una scuola che inizia con la Rai, ovviamente, una scuola molto pacata. Bisognava entrare nelle case delle persone, occorreva farlo in maniera tranquilla, pur non rinunciando a scandire i tempi e i modi della cronaca. Però poi le cose sono cambiate e questo è il libero mercato: le piattaforme televisive hanno portato una narrazione sportiva diversa da quella che conoscevamo, hanno portato un relato più latino-americano, più rapido, più emotivo. Ed è quello che a me è sempre piaciuto». Francesco Repice, a differenza di altri suoi colleghi, non ha mai nascosto la sua fede calcistica: tifa Roma.
MORALES E DIEGO
Parlando di radiocronache cariche di emozioni, Repice cita Victor Hugo Morales e la sua celebre descrizione del gol di Maradona all’Inghilterra. Era il Mondiale ‘86. «Parole, sì, ma sopratutto è musica. Se la si ascolta non si può fare a meno di pensare a una milonga». «Le ultime parole, anzi gli ultimi suoni sono stati ta-ta-ta, i tocchi di Diego che mette la palla nella porta vuota. In quel momento credo che sia successo qualcosa di miracoloso, qualcosa che è uscito fuori da un rettangolo di gioco, dai quei confini angusti di un campo di calcio, e si sia trasferito altrove: nella storia». «Chi ascolta una radiocronaca di Morales capisce perché ci si può innamorare del calcio»
«IO A CHI MI ASCOLTA... »
Repice non usa prontuari, frasi fatte, cliché. Inizia la partita e la si racconta, velocemente. Diversamente da come si fa o si dovrebbe fare in una telecronaca dove «lo spettatore vede» e quindi occorre andare oltre la descrizione di ciò che sta avvenendo.
«Io sono innamorato del gesto tecnico - ha detto Repice -, non mi frega niente della linea a 4, della linea a 2. Ho giocato a pallone e sappiate che nessun allenatore, dalla Terza categoria alla Coppa dei campioni, mette la lavagnetta con le scritte e le frecce: sono tutte fesserie».
Passare da radiocronista a telecronista? C’è mai stata la proposta? «Sì, c’è stata. E la risposta è stata perentoria... ». No.
A Repice viene chiesto di Fabio Caressa, telecronista altrettanto noto. «Fabio ha superato la sponda, basta con le cose piatte, rassicuranti, tuffiamoci nelle emozioni: lui è stato uno dei primi e lo ringrazio».
Nando Martellini e Bruno Pizzul: «Sono stati impagabili nel garbo con il quale hanno portato nelle case degli italiani la narrazione calcistica. Sapendo esaltare quei momenti che andavano esaltati: “Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo” detto da Nando in quella maniera, anche se non urlato è una grande scossa. Il gol nel ‘94 di Baggio ai Mondiali, raccontato da Bruno, entra nella storia giornalistica di questo Paese. Nando e Bruno nonostante la pacatezza riuscivano a perforare l’anima. E questa è una capacità per pochi... ».
«CONSIGLIO AI RAGAZZI... »
Qualche consiglio ai ragazzi che sognano di mettersi davanti a un microfono per raccontare il calcio. «Consigli? Leggete tutto, leggete, leggete, non fate altro che leggere. Il tweett di 120 caratteri non vi spiegherà mai nulla della vita. Per capire e per conoscere bisogna sudare. E bisogna sudare sui libri, quelli da 500, 600 o 700 pagine. Questo è il passepartout per la conoscenza. Al di là del talento naturale, c’è l’addestramento alla lettura. Sandro Ciotti diceva: pensate di avere sempre con voi uno zaino e riempitelo di parole. Perché una di quelle parole, prima o poi vi salva.
«LO SCUDETTO? DICO CONTE»
Repice non si è sottratto alla fatidica (e forse prematura) domanda su chi vincerà il prossimo scudetto: «Non si conosce il futuro se non si è studiato il passato. Analizzando e traducendo, ogni volta che Conte si è seduto su una nuova panchina, al primo anno ha vinto lo scudetto. È un allenatore che sposta gli equilibri». E racconta poi, Repice, di quando agli Europei in Francia, Conte da ct azzurro fece trovare gendarmi con rottweiller a sbarrargli l’accesso alle zone a ridosso del campo di allenamento per evitare che il radiocronista intuisse prima la formazione titolare. «Conte riesce a entrare nella testa dei calciatori».
«LA MIA VITA SEGNATA DAL 30 MAGGIO ‘84»
«Il mio sogno? Diciamo innanzitutto che la mia vita è stata segnata dal quel maledetto 30 maggio del 1984». Data in cui la Roma perse ai rigori col Liverpool la finale di Coppa dei campioni. «Se le divinità del pallone mi concedessero la possibilità di fare la radiocronaca della mia squadra che vince la Coppa dei campioni contro quelli, probabilmente avrei raggiunto il massimo cui posso ambire. Se che è difficile che possa accadere. Ma so anche che le vie del calcio sono infinite».
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