CONTROPASSATO PROSSIMO
Il Gigante che fece impazzire l’America

William “Stub” Newell voleva scavare un pozzo nella sua fattoria di Cardiff, un piccolo paesino a circa 300 km da New York. Il 16 ottobre 1869 assunse così due operai, Gideon Emmons e Henry Nichols, e indicò loro il posto: dietro il fienile e vicino a un albero.
I due iniziarono a lavorare, ma poco dopo corsero a chiamarlo: avevano trovato qualcosa, forse un piede mummificato.
Sbalorditi, con grande cautela proseguirono: era un intero uomo nudo pietrificato – tra l’altro assai ben dotato – disteso sulla schiena, con le gambe incrociate e un mezzo sorriso sul volto. Ma soprattutto era alto tre metri: un gigante.
Una scoperta incredibile. La notizia si sparse velocemente per tutti gli Stati Uniti: come scrisse il «Syracuse Journal», «gli uomini lasciavano il loro lavoro, le donne prendevano in braccio i loro bambini e si affrettavano verso la scena». E si mettevano la mano sul cuore, per rispetto al morto. Visto l’interesse, “Stub” mise il gigante sotto una tenda e iniziò a far pagare il biglietto: prima 25 centesimi, poi mezzo dollaro.
In una sola domenica arrivarono almeno 3.000 persone. Newell fece un sacco di soldi. Ma soprattutto, cosa era il “Gigante di Cardiff”, come fu subito soprannominato? Certamente, sosteneva il geologo dello Stato di New York, si trattava «dell’oggetto più straordinario mai portato alla luce nel nostro Paese».
Il dibattito si accese: forse era una statua costruita dai gesuiti nel XVII secolo per impressionare ed evangelizzare gli indiani. Oppure una figura di pietra ancora più antica, una sorta di “idolo”.
Non solo scienza, però. Un passo dell’Antico Testamento (Genesi: 6,4) recitava che «c’erano dei giganti sulla terra in quei tempi». Per i credenti “creazionisti”, allora, il Gigante ne era la conferma: la Bibbia si doveva leggere alla lettera. E naturalmente, l’uomo non discendeva dalle scimmie: Darwin aveva torto.
Ancora: quella scultura - si diceva - dimostrava addirittura l’esistenza nel Nuovo continente di una sconosciuta antica civiltà simile a quella greca o romana. Insomma, tutta la Storia dell’America andava riscritta.
Il “Golia americano” diventò il caso dell’anno, e Phineas T. Barnum - quello del circo - offrì a “Stub” 10 mila dollari. Newell rifiutò e vendette la statua a un gruppo di affaristi per l’iperbolica cifra di 37 mila dollari. Era diventato ricco. Ma Barnum non mollò: fece scolpire una copia identica e iniziò a spacciarlo per “quello vero”.
A questo punto i giganti erano due, in tour per tutta l’America, e la vicenda si stava trasformando in una farsa. Poi, pochi mesi dopo, il famoso paleontologo Othniel C. Marsh, autorità indiscussa in materia, certificò: il gigante era - disse - «di origine molto recente, ed è un imbroglio». In breve la verità emerse.
Tutto era iniziato due anni prima, quando George Hull, un tabaccaio di Binghamton ateo e scettico, si trovava per affari a Ackley, in Iowa. Qui aveva avuto un acceso diverbio con un pastore protestante “creazionista”, che interpretava la Bibbia letteralmente, compreso il verso 6,4 della Genesi. Così a Hull era venuta l’idea. Si era procurato un blocco di pietra di 5 tonnellate e lo aveva portato a Chicago da uno scultore. Poi, con vari solventi, aveva ottenuto l’effetto della pietrificazione. Nel novembre del 1968 Hull e suo cugino “Stub” Newell avevano sotterrato il Gigante sotto l’albero, incastrandolo apposta tra le radici, per fare ancor più impressione. Dopo un anno i due avevano fatto scattare il piano e assunto i due operai.
Intervistato dai giornali, Hull ammise la truffa, ma confessò di aver voluto solo dimostrare quanto fosse ridicolo credere letteralmente nella Bibbia e ai giganti.
Nondimeno, mezza America ci aveva creduto e anzi, nonostante la truffa i visitatori continuavano ad accorrere per vedere la sua creatura. Oggi, la statua è una attrazione del The Farmer Museum a Cooperstown, vicino a New York: la gente continua a visitarla, perché in fondo ognuno vede quello che vuole vedere, anche nel falso Gigante che aveva fatto impazzire l’America.
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