ABBASSO
Quelle mimose un po’ sbiadite

Lunedì sarà la Giornata internazionale dei diritti della donna. Più semplicemente, la festa della donna. Quell’8 marzo che dovrebbe ricordare sia le conquiste sociali, economiche e politiche, sia le discriminazioni e le violenze che ancora oggi si registrano in molte parti del mondo.
Ma la strada da fare, pure in Italia, è ancora lunga e in salita. La conferma, impietosa, arriva dalle fotografie degli istituti di ricerca. Basta prendere come metro di valutazione il mondo del lavoro, dove i numeri non mentono: dei 444mila occupati in meno registrati in Italia in tutto il 2020, l’Istat ha stabilito che il 70 per cento è costituito da donne. E anche prima della pandemia non è che le cose andassero meglio: per il Censis le donne rappresentavano circa il 42 per cento degli occupati complessivi del Paese e il tasso di impiego femminile si piazzava al 56 per cento, contro il 75 degli uomini. A livello globale, il gender pay gap - cioè la differenza tra il salario annuale medio percepito dalle donne e quello percepito dagli uomini – si attesta tuttora attorno al 20 per cento.
La situazione non è migliore sul fronte della violenza. In Italia i dati Istat mostrano che il 31,5 per cento delle donne ha subito nel corso della propria vita una forma di violenza fisica o sessuale. Nel periodo compreso tra marzo e giugno 2020 – quindi durante il primo lockdown - il numero delle richieste d’aiuto sia telefoniche sia via chat al numero antiviolenza 1522 è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+119,6 per cento), passando da 6.956 a 15.280.
Anche a Varese i dati relativi alla violenza sulle donne evidenziano un aumento nelle denunce, sia per violenza fisica sia per la cosiddetta violenza virtuale, che però virtuale non è affatto: nell’ultimo anno i poliziotti della Divisione anticrimine della Questura hanno dovuto più volte indagare su casi di revenge porn, ossia la diffusione di materiale sessualmente esplicito senza il consenso della persona ritratta. E per la maggior parte, manco a dirlo, le vittime sono donne. Insomma, al di là di cene e brindisi fra sole donne, quest’anno peraltro cancellati dall’emergenza covid, c’è ben poco da festeggiare. Del resto, già nel 1946 si capiva che le premesse non erano delle migliori: quell’anno - secondo la tradizione - fu introdotta la mimosa come simbolo ufficiale della Giornata internazionale dei diritti della donna. Perché proprio questo fiore? Perché di stagione, certo, ma anche perché poco costoso. E a vedere come vanno le cose ancora oggi, sembra pure che il giallo sia un po’ sbiadito.
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