DA CONOSCERE
Aeronautica militare, un secolo nei cieli
Un secolo nei cieli, anzi persino di più. L’epopea dell’Aeronautica Militare Italiana così come la conosciamo oggi compie cent’anni in cui ha tratteggiato i contorni di un mito - quello del volo, e in particolare delle sue ambizioni più eroiche - che ammalia da sempre l’essere umano. Preparandosi a un calendario fitto di celebrazioni, l’AM si conferma simbolo di prestigio dell’Esercito, portatore di una storia ineguagliabile che parla di valore e innovazione.
LA STORIA
Se il prezioso anniversario cade in ricordo del 28 marzo 1923, quando il regio decreto n. 645 istituì la Regia Aeronautica, in realtà tale reparto esisteva già da quasi 4 decenni. Nel 1884 una circolare dell’Esercito stabiliva la formazione di una Sezione Aeronautica, al tempo composta da palloni aerostatici, che nei primi anni del XX secolo si munì di dirigibili e infine di aeroplani. Allo scoppio della Grande guerra nel 1915 fu costituito il Corpo Aeronautico Militare, rinominato 5 anni dopo Arma Aeronautica dell’Esercito. Ed eccoci al ‘23, quando Pier Ruggero Piccio fu nominato commissario della neobattezzata Regia Aeronautica e organizzò il primo raduno di Spad, Hanriot, Nieuport, SVA e trimotori Caproni. Ormai era periodo fascista e il regime capì che prodezze come le trasvolate aeree di Francesco De Pinedo in Giappone e Americhe e quella in dirigibile di Umberto Nobile al Polo Nord potessero essere un efficace mezzo di propaganda. In quegli anni non a caso furono realizzati gli iconici idrovolanti Savoia-Marchetti S.55 X, S.16 e S.66. Nel 1929 il Ministero dell’Aeronautica fu affidato a Italo Balbo, che divenne lui stesso un abile aviatore e compì due esaltate ed esaltanti trasvolate atlantiche. A seguito delle partecipazioni alle campagne di Etiopia e Spagna, l’AM fu trascinata in un ulteriore orrore, quello della Seconda Guerra Mondiale, in cui passarono alla storia gli aerei SM 84, Reggiane Re.2005 detto Sagittario, Campini Caproni e il Macchi C. 202 Folgore e C. 205V. Nonostante il coraggio dei piloti italiani, la superiorità dell’Aviazione inglese fu netta in Africa. Al termine del conflitto l’Aeronautica contò circa 12 750 caduti.
IL CAMBIAMENTO
Con il passaggio alla Repubblica, il cambio definitivo di nome in Aeronautica Militare Italiana segnò una mutazione di obiettivi, non più solo bellici ma soprattutto umanitari. Si continuarono a produrre velivoli da guerra come Fiat G.91 e F-104 Starfighter, ma aderendo a NATO e ONU e utilizzando elicotteri di ricerca e trasporto come il Sikorsky HH-3F Pelican, l’AM intervenne nel 1961 in Congo in una tragica operazione che portò alla cattura e all’uccisione di 13 aviatori, nel 1962 in Iran per un sisma e in Algeria per un’alluvione e negli anni ‘80 ancora in Algeria, Uganda, Etiopia e Armenia. Sul suolo nazionale offrì soccorso in occasione delle calamità naturali in Toscana e Veneto nel 1966 e dei terremoti in Belice e Irpinia. Il primo coinvolgimento militare avvenne con la Guerra del Golfo nel 1991 e poco dopo con il fornimento di basi per operazioni in Balcani e Albania, concorrendo inoltre alla creazione dell’Eurofighter Typhoon. Ma a parte l’eclatante caso dell’Afghanistan, dal Dopoguerra l’AM ha come scopo primario l’aiuto ai cittadini italiani, che continua tutt’oggi a salvare da disastri idrogeologici, malori gravi e altri pericoli. E certe volte li diverte anche, con le magnifiche Frecce Tricolori istituzionalizzate nel 1961.
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