ARTE
Alessandria, prezioso scrigno del Cinquecento
Pio V fece della città un luogo di cultura, sfruttando la sua posizione di crocevia

Alla fine del XVI secolo il pontefice piemontese Pio V (al secolo Antonio Ghislieri) fece di Alessandria un luogo di arte e cultura, sfruttando la sua posizione di crocevia e punto d’incontro di artisti provenienti da diverse parti d’Europa, centro di diffusione dell’arte della Controriforma. Fondò il monastero di Boscomarengo che attirò maestranze romane e toscane, tra cui il biografo di pittori, scultori e architetti (e pittore lui stesso), Giorgio Vasari, artista di fiducia del pontefice.
La produzione artistica della città e del territorio è al centro della mostra Alessandria preziosa. Un laboratorio internazionale al tramonto del Cinquecento, ideale seguito dell’evento espositivo di cinque anni fa, Alessandria scolpita, un’affascinante immersione nell’arte cittadina tra Gotico e Rinascimento. Alessandria preziosa si propone di esplorare la vibrante civiltà creativa alessandrina tra il Cinque e il primo Seicento, con un particolare interesse per le arti suntuarie, nel contesto dell’affermarsi del Manierismo internazionale.
Ottanta le opere, selezionate dal curatore Fulvio Cervini, con particolare attenzione all’eccellenza delle arti suntuarie, dall’oreficeria alla toreutica, dall’arte degli armorari all’intaglio delle pietre dure. Il monumentale tabernacolo eucaristico in legno dorato proveniente da Monteu da Po apre la mostra lasciando intuire l’alta qualità degli artisti che transitavano in questi territori, provenendo dalla Toscana e da Roma ma anche da diverse parti d’Europa.
«L’area alessandrina tra Cinque e Seicento», spiega Cervini, «prova che l’identità culturale si costruisce dinamicamente, e non chiudendo muri. Anche quando la linea culturale è dettata da un organismo in apparenza monolitico come la Chiesa della Controriforma. Sul piano figurativo, questo spazio è un grande laboratorio della modernità, in cui artisti del metallo e dell’intaglio diventano anche più propositivi di pittori e scultori». Una vivacità che consentì di elaborare un’arte devozionale moderna, preziosa, scenografica, in linea con la politica delle immagini sviluppata dalla Chiesa dopo il Concilio di Trento: caso emblematico della valorizzando di antiche effigi e reliquie come paradigmi di devozione è, in mostra, la stauroteca o reliquiario del Legno della Vera Croce della Cattedrale di Alessandria, raffinato lavoro barocco che custodisce un reliquiario bizantino più antico.
Il percorso espositivo è un viaggio, tra capolavori intagliati o sbalzati, dipinti e sculture in legno e marmo che innescano una conversazione visiva con gli esiti delle arti suntuarie, dall’oreficeria alla toreutica (notevoli i busti di santi realizzati per Pio V dal barnabita Antonio Gentili e il San Marziano del Duomo di Tortona, opera di un argentiere genovese del primo Seicento), stendardi (uno inedito ricamato a Milano alla fine del Cinquecento è stato restaurato grazie al finanziamento della Consulta alessandrina) e arazzi, disegnati e tessuti da arazzieri fiamminghi, oreficerie tedesche, armi preziose, cesellate e incise dalle mani sapienti dei maestri milanesi, vere opere d’arte status symboldella classe dirigente del tempo. Al tramonto del Cinquecento e nel secolo successivo Alessandria si configura quindi come un vivace e aggiornato “laboratorio internazionale”, in cui confluivano forze e culture eterogenee, che non solo non sfiguravano al confronto con altre città padane più celebrate, ma anzi costituivano una felice eccezione.
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