ABBASSO
Il Pentagono contro i soldati gay di Netflix
Una serie tv scatena l’assurda reprimenda dell’esercito Usa
Una delle serie tv che stanno spopolando su Netflix in queste settimane è al centro di una polemica che ha visto protagonista niente meno che il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti, noto come il Pentagono dal nome della sua caratteristica sede. Stiamo parlando di “Boots”, che racconta, basandosi sul libro “The Pink Marine” di Greg Cope White, le peripezie di Cameron, un ragazzo gay che, per sfuggire ai bulli, assieme al migliore amico che vuole seguire le orme paterne, decide di arruolarsi niente meno che nei Marines, il corpo scelto più prestigioso dell’esercito americano. Niente di più rischioso, ma il ragazzo avrà modo di dimostrare, anche a se stesso, di essere all’altezza a prescindere dal proprio orientamento. In parallelo si sviluppa anche la vicenda di un istruttore, anch’egli omosessuale, la cui carriera verrà seriamente messa a rischio dalla mentalità retriva dell’ambiente militare.
L’uscita e il successo della serie hanno scatenato addirittura una reazione ufficiale da parte del Pentagono che, attraverso il suo portavoce Kingsley Wilson, ha affermato che «sotto la presidenza Trump e il segretario Pete Hegseth, l’esercito statunitense sta tornando a rafforzare l’etica del guerriero. Non comprometteremo i nostri standard per soddisfare un’agenda ideologica, a differenza di Netflix, la cui dirigenza produce costantemente e propina spazzatura woke al proprio pubblico e ai bambini».
Per comprendere quanto siano aberranti certe affermazioni, è forse necessario fare un po’ di storia. “Boots” si svolge a cavallo tra il 1990 e 1991 quando cioè l’omosessualità era severamente proibita tra i militari: un’ipocrisia bella e buona considerando che non è possibile stabilire scientificamente questo tipo di preferenza. Semplicemente non bisognava dirlo e restarsene nascosti. Per provare a superare questo tipo di discriminazione l’amministrazione Clinton, nel 1994, emanò una legge che si rivelò la classica toppa peggio del buco: il provvedimento fu il famigerato “Don’t ask, don’t tell”, ovvero nessuno doveva permettersi di indagare sull’orientamento sessuale di un soldato, ma questi non doveva esprimerlo apertamente. In pratica veniva ufficializzato quanto era già in pratica perché comunque l’essere omosessuali, se esplicitato, avrebbe portato al congedo immediato, cosa che accadde a ben 14.000 militari. Fino al 2011, quando cioè Barack Obama riuscì a ottenere alla Camera dei Rappresentanti un numero di voti sufficiente per abolire questo mostro giuridico. Ora, quindi, l’orientamento sessuale non è più una discriminante per poter essere un soldato americano. Wilson, in linea con l’attuale legislazione, ha precisato: «I nostri standard, in ogni settore, sono di élite, uniformi e neutrali rispetto al sesso, perché il peso di uno zaino o di un essere umano non considera se sei un uomo, una donna, gay o eterosessuale». Speriamo, perché la reazione del Pentagono a una semplice serie tv appare quanto meno intimidatoria e sembra tanto rientrare in una strategia di condizionamento culturale iniziata con l’attacco a opinionisti e comici e che può essere il primo passo verso una deriva molto pericolosa.
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