DA SAPERE
L’anima dei pupazzi

Molto spesso comunemente confusi, burattini e marionette sono invece “pupazzi” differenti. Cercando di semplificare il più possibile, il primo è mosso dal basso, infilato come un guanto sulla mano del burattinaio, e compare in scena a cosiddetto mezzobusto; la seconda è in scena a corpo intero ed è mossa dall’alto tramite fili collegati al corpo e alla testa.
Sul Varesotto si è sviluppato nel tempo principalmente il teatro dei burattini come produzione teatrale territoriale: da quelli di Gualberto Niemen, nato in una famiglia che era nel Circo da generazioni e che dal 1934 portò il suo teatro dei burattini in diversi comuni della provincia di Varese e che visse a lungo a Biandronno, a Chicco Colombo, fondatore del Teatro dei Burattini di Varese con sede a Cazzago Brabbia, a Walter Broggini di Albizzate la cui Compagnia crea spettacoli in cui burattini, marionette e teatro d’attore e che ha plasmato il personaggio di Pirù, a Elis Ferracini, nato a Busto Arsizio e fondatore dell’associazione culturale L’Allegra Brigata - Sinetema e che prosegue la tradizione lasciatagli in eredità da suo padre Rimes, all’associazione artistica Compagnia Roggero che prende il nome dalla burattinaia Gabriella Roggero, già animatrice di Dodo per l’Albero Azzurro.
Tra le compagnie marionettistiche più importanti figura invece quella milanese dei Colla, che molto ha portato anche sul territorio varesino. Esperienze che in molti casi hanno unito ai burattini anche altre forme di teatro di figura, nel solco di una tradizione che si evolve e si amplia, toccando anche l’uso appunto delle marionette e delle ombre accanto al teatro d’attore. Ma comunque, tornando ai burattini, che siano a giano, a stecche, a mano vera, mossi da due persone o che aprono la bocca con il movimento della mano che li muove, tipo Muppet, restano un mondo magico che affascina ogni volta.
«Quella del teatro dei burattini – spiega Chicco Colombo – è una filiera che ha animato fortemente la nostra provincia, anche con rassegne importanti in molti comuni. E oggi ci sarebbe molto bisogno di una sua ripresa. Il teatro dei burattini crea una relazione forte».
Burattini e marionette si trovano in scena fin dall’antichità, con un’origine di tipo religioso, impiegati nei templi per narrare i miti. Sono state trovate tracce di questa attività in Grecia, risalenti all’VIII e VII secolo avanti Cristo. Quella del marionettista è una vera e propria professione almeno dai tempi di Senofonte, che nel Simposio, e siamo attorno al 400 avanti Cristo, narra l’episodio di un puparo di Siracusa che fece ballare le sue marionette per rendere onore al vincitore di una gara atletica davanti a Socrate. E il teatro dei burattini era conosciuto da Platone: la figura del burattino è presente nella Repubblica alla descrizione del mito della caverna.
Anche se per trovare il termine “burattino” come lo si intende oggi bisogna arrivare alla metà del 1600, nel trattato «Della Christiana moderazione del teatro» di Domenico Ottonelli. Così come i primi spettacoli di burattinai itineranti vengono datati successivamente alla caduta dell’Impero Romano. Ma, pur non restando tracce dei materiali, troppo lontani nel tempo, esistono comunque fonti storiche che attestano la presenza di queste figure nell’antichità, mentre minori sono le documentazioni e le informazioni nel Medioevo, fatta eccezione per due miniature conservate a Oxford, mentre nel periodo della Controriforma molti burattinai dovettero trasferirsi lontano dall’Italia. Fino all’avvento della Commedia dell’Arte.
In Italia, tra i maggiori divulgatori della concezione del teatro di figura dopo la guerra ci sono Maria Signorelli e Otello Sarzi: l’accento è posto sulla capacità del burattinaio o del marionettista a muovere i pupazzi, ad animarli come se avessero una vita propria. Ma non solo: pedagogisti e anche psicologi sono concordi nell’affermare l’alto valore educativo ed emozionale di burattini e marionette, nonché delle ombre, in quanto riescono a proiettare paure e desideri, quasi a esorcizzare qualcosa che si teme a manifestare apertamente e che si nasconde nell’animo umano. È un po’ la forza del teatro e della creatività, che però in una forma espressiva come questa viene portata in scena da un pupazzo, trasformato in eroe o in antagonista.
Pupazzo di legno o di stoffa, ma che nella storia che racconta al pubblico diventa un uomo, una donna, un bambino. Tra fantasia, trasformazione e identificazione.
Perché, come disse quel grande attore e interprete che è Ettore Petrolini proprio a proposito dei burattini, «l’uomo tiene i burattino attaccato a se stesso come una chitarra, che è l’unico strumento che si suona attaccato al nostro corpo, di modo che ci sembra di suonare noi stessi».
© Riproduzione Riservata