STORIA
Cent’anni fa Varese fece scacco matto

«Scacco matto!». Quante volte abbiamo sognato di dirlo? Entrato anche nel gergo comune, il “Matto” è la situazione del gioco degli scacchi nel quale il Re di uno dei giocatori è posto sotto diretto attacco (scacco) e non ha modo di difendersi. Insomma, dire “Scacco matto”, vuol dire vincere la partita. E, a proposito di mosse e arrocchi, Varese, nella scacchiera italiana di uno dei giochi più famosi al mondo, vale un po’ come la Regina. Già perché qui, esattamente cent’anni fa, nacque la Federazione Scacchistica Italiana (FSI) che, ancora oggi, governa il gioco nel nostro Paese. Era il 20 settembre 1920 e in corso Vittorio Emanuele, oggi corso Matteotti, gli appassionati dell’epoca, guidati dal cavalier Beno Redaelli e dal maestro Terenziano Marusi, presidente e segretario della Società varesina, diedero vita alla realtà nazionale, organizzando nella sede della Camera di commercio di piazza Monte Grappa, il primo congresso.
In questi mesi, quindi, si celebra il secolo di vita di una realtà che ha dato particolare lustro all’intera città. Per esempio, nel 1976 quando, la città intera si fermò per due settimane per seguire un torneo internazionale di altissimo livello. In quegli anni, infatti, si viveva ancora sull’ondata di popolarità planetaria degli scacchi, giunta a seguito del campionato del mondo del 1972, passato alla storia come l’incontro del secolo. Esso, infatti, fu disputato tra il detentore del titolo, il sovietico Boris Spasskij e lo sfidante statunitense Bobby Fischer, che vinse l’incontro per 12,5 a 8,5. Giocata a Reykjavík, tra l’11 luglio e il 3 settembre la sfida è considerata la più famosa della storia delle competizioni ufficiali di scacchi: negli Stati Uniti ebbe vasta risonanza mediatica anche fra l’opinione pubblica e fu la prima volta che un match di scacchi venne trasmesso in televisione, anche perché fu considerata una sorta di appendice della Guerra fredda fra Usa e Urss.
Come avviene in molti altri campi, l’eco americano dell’impresa, colpì fortemente anche l’Italia che, in quegli anni, visse una sorta di “scacco-mania”. E, anche Varese non fu da meno. «Nell’ottobre 1976 – racconta Maria Rosa Centofante, attuale presidente della Società scacchistica Città di Varese – il capoluogo prealpino fu scelto dalla Federazione internazionale per un incontro fra tre mostri sacri della disciplina. I due vincitori avrebbero potuto proseguire il percorso per andare ad affrontare l’allora campione del mondo in carica, ovvero Anatoly Karpov. Ne uscirono vincenti Tigran Petrosjan, sovietico di origine armena e l’ungherese Lajos Portisch, mentre rimase fuori Mikhail Tal, sovietico di Lettonia. La sfida si svolse a Villa Mirabello e durò quattordici giorni, durante i quali si registrò una grande affluenza di pubblico».
Senza raggiungere le vette mondiali di allora, anche oggi la Società scacchistica varesina sta raggiungendo ottimi risultati. Grazie alla spinta di due campioni italiani come Renzo Mantovani ed Emiliano Aranovitch, i compagni di squadra Alec Salvetti e Alfredo Cacciola, hanno portato la squadra varesina nella serie Master, la massima divisione italiana degli scacchi, mentre Maria Rosa Centofante ha vinto undici titoli di fila nel campionato nazionale Seniores: «In più – conclude la presidentessa – nel 2007, 2010 e 2015 abbiamo messo in scena delle partite di scacchi viventi in costumi d’epoca nello splendido scenario del borgo antico di Castiglione Olona, con un ottimo successo di pubblico».
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