PROCESSO SUI SOCIAL
Dopo le spaccate è caccia allo straniero
Valanga di commenti razzisti sulle piattaforme online dopo i fatti di Busto Arsizio. Ma c’è anche chi dice no: «Squallido leggere certe cose»

«Facciamo pulizia». «Nel mirino di ladri extracomunitari». «Remigrazione unica soluzione». Sono solo alcuni dei commenti che imperversano da settimana scorsa sulle chat online di Busto Arsizio, con particolare riferimento ai fatti di cronaca occorsi nella notte tra il 12 e il 13 agosto. È la doppia spaccata ai bar “L’Uva Passa” e “La Gustosa”, infatti, a offrire il pretesto ideale per certe fiammate di odio generalizzato e generalizzante.
COSA È SUCCESSO
Nel caso del primo locale, a Sacconago, intorno all’1.30 del mattino i ladri hanno forzato un’auto parcheggiata per sottrarle il cric, poi impiegato per sollevare la saracinesca e infrangere la vetrata. Chi abita di fronte al bar ha avuto modo di avvisare proprietari e forze dell’ordine mentre il colpo era ancora in corso, ma l’intervento tempestivo dei carabinieri non ha impedito ai due delinquenti di fuggire col maltolto: un fondo cassa di qualche centinaio di euro e alcune stecche di sigarette. Il furto alla Gustosa, invece, è avvenuto in un orario imprecisato della stessa notte, su via Dante, di fronte alle scuole Bossi: lì i ladri hanno agito indisturbati, e il titolare ha trovato solo all’alba la vetrina sfondata e la cassa prosciugata.
Due colpi rapidi e dal modesto bottino, che però hanno lasciato segni profondi sul senso di sicurezza della comunità di Busto. Ma in tutto questo, cosa c’entrano gli extracomunitari? Il punto è che, nel caso dell’Uva Passa, l’azione criminale è stata filmata da alcuni residenti della zona, riprendendo quella che parrebbe una coppia di ragazzi di carnagione scura. Un video ripubblicato da tutte le maggiori testate locali, scatenando nei commenti reazioni violente e a tratti scriteriate: le accuse non sono rivolte solo ai presunti autori nordafricani del furto all’Uva Passa, bensì a tutta quella che si ritene essere la loro etnia. Un meccanismo antico quanto la paura, sempre pronta a distorcere e semplificare: bastano le azioni di pochi singoli per bollare un’intera categoria di persone come pericolosa e indesiderata. Ma proprio in questo vortice di schiuma alla bocca e superficialità, un cittadino prende la parola sul gruppo Facebook “Busto Arsizio 360”, provando a ricondurre la discussione a una visione più complessa e ragionata. «È sempre doloroso subire o assistere a simili reati», scrive Matteo Toia, sostenendo che l’attività di famiglia, a duecento metri dall’Uva Passa, è stata a sua volta derubata in passato, e che lui stesso ha subìto «un tentato omicidio».
MESSAGGI DOLOROSI
Eppure, Toia aggiunge che negli ultimi giorni «è stato altrettanto doloroso e squallido leggere certi commenti da membri di questo gruppo: incitazioni esplicite all’omicidio, al razzismo e al sequestro di persona». E conclude: «Tutti questi commenti configurano, senza alcun dubbio, veri e propri reati». Non si tratta per forza di condividere una riflessione di questo tipo, né di farne un manifesto. Ciò che colpisce è però la possibilità che ne viene fuori: quella di distinguere tra il dolore generato da un crimine e l’odio indiscriminato che rischia di sovrapporsi a esso.
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