GROTTE
Un mondo fantastico sotto i nostri piedi

Se la superficie terrestre è stata ormai pressoché completamente visitata dall’uomo, con imprese che vanno oltre l’immaginabile, come la scalata invernale di tutte le montagne oltre gli Ottomila metri e le esplorazioni a piedi dei due Poli, la “sete” di avventura può essere saziata andando a scoprire quello che esiste… dall’altra parte della superficie.
Sotto i nostri piedi, infatti, si trovano centinaia di grotte, anfratti e pertugi dove un essere umano non è ancora stato. E per scoprirle non bisogna andare in capo al mondo. Anzi. Basta rimanere a due passi da casa. Un esempio: nel massiccio principale del Varesotto, ovvero il Campo dei Fiori, sono state scoperte più di un centinaio di grotte. «Ma sicuramente – dice Guglielmo Ronaghi, presidente del Gruppo speleologico prealpino – si tratta soltanto della punta dell’iceberg».
Insomma, gli amanti della speleologia varesina hanno davanti una prateria di migliaia di metri cubi di montagna, in cui scoprire qualche nuovo gioiello della natura. Sul Campo dei Fiori, ma anche in Valceresio, in Valganna e in Valcuvia: le altre asperità costituite dalla roccia calcarea, perfetta per la costituzione di cavità, cunicoli naturali e fiumi che si insinuano giù giù, verso il centro della Terra. «I massicci carsici – spiega ancora lo speleologo – sono fondamentali per la realizzazione delle grotte perché questa roccia, attraverso un processo lentissimo, viene erosa dall’acqua creando, appunto, delle grotte. A Cuasso al Monte, per esempio, dove domina il porfido, ciò non è possibile».
La passione varesina per la speleologia deriva da una tradizione centenaria, quando i primi appassionati di questa disciplina iniziarono ad avventurarsi nelle grotte Remeron e Marelli. La prima, situata sopra Comerio, vide impegnato per esempio Luigi Vittorio Bertarelli, fondatore del Touring club italiano. La seconda, che si trova nei pressi dell’ex Grand Hotel del Campo dei Fiori, deve il suo nome a Ferdinando Marelli, il giovane esploratore che, nel 1916, perse la vita al suo interno. «I primi speleologi – racconta ancora Ronaghi – erano veri e propri pionieri, perché la loro attrezzatura non era minimamente paragonabile a quella utilizzata oggi».
Nel secondo dopoguerra e specialmente dagli anni Settanta in poi, con l’avvento di nuove tecniche, ovvero l’utilizzo delle corde e degli strumenti specifici per la progressione in sicurezza su di esse, l’evoluzione è stata rapida: furono scoperte ed esplorate centinaia di grotte sulle principali aree carsiche del Varesotto. E, ancora oggi la tradizione prosegue incessante, visto che la nostra provincia vanta addirittura una decina di gruppi sparsi su tutto il territorio provinciale.
Oltre all’esplorazione delle grotte già conosciute, avvengono spesso delle fasi di ricerca esterna, nel corso della quale gli speleologi effettuano delle vere e proprie “battute”, durante le quali vengono individuati gli ipotetici ingressi di cavità naturali, molto spesso ostruiti dalla copertura detritica superficiale o di dimensioni millimetriche. A seguito di questa prima fase, gli esperti si vedono quindi impegnati nella disostruzione, cioè lo scavo e lo sbancamento delle fessure impercorribili, oltre le quali si ipotizza l’esistenza di un sistema sotterraneo percorribile. Se la fortuna e l’esperienza decidono di premiare gli accaniti cercatori di grotte, a quel punto si giunge alla fase più esaltante e di grandi soddisfazioni: percorrere nelle viscere della terra ambienti sino a quel momento inviolati, rimasti nascosti laggiù per millenni, senza nessun contatto con il mondo esterno.
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