A TUTTA VOCE
«Il testamento di Faber? E poi l’amore scoppiò»
Intervista a Dori Ghezzi che sarà domenica a Varese per raccontare De André
«Viaggio in direzione ostinata e contraria dal 1973. Palco di Sanremo, in duo con Wess, vestita di pelle di daino bianca con le frange e ricamato a mano come una pellirossa e accanto a un uomo di colore. Cantammo Tu nella mia vita. Come picconare due luoghi comuni sul colore della pelle e sulla civiltà americana. Poi arrivò Faber e quel viaggio è stata un’avventura che continua ancor’oggi».
Dori Ghezzi sarà a Varese, domenica 10 Novembre: nella Sala Napoleonica delle Ville Ponti la intervisterà Vittorio Colombo, giornalista de La Provincia, membro della giuria del Premio Chiara, nonché tra i critici musicali che votano per l’assegnazione delle Targhe Tenco.
In quest’occasione, De André, scomparso l’11 gennaio 1999, riceverà il riconoscimento alla memoria Le parole della Musica.
NON CHIEDETEMI SE SONO FELICE
Parafrasando Aldo, Giovanni e Giacomo al «buongiorno Dori, come sta» la risposta è «faticosamente bene ma non mi parlate di felicità. Chi riesce più a dormire con quel che ci accade intorno?».
Antonio Gramsci scriveva dal carcere: «La crisi consiste nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati».
«Adoro Gramsci ed è sicuro che stiamo vivendo l’ennesimo momento di crisi. Ne usciremo? Con questi governanti sarà molto dura ma le rispondo con Faber: Eppoi l’amore scoppiò dappertutto. Di un ottimismo spiazzante»,
Più o meno come la sua affermazione su Benito Mussolini.
UNA COSA BUONA L’HA FATTA
«Sì c’è stata e non era una cosa ma un figlio, Romano, grandissimo jazzista e persona squisita, nobile d’animo come Faber».
Merito di Donna Rachele?
«Tra i due genitori, direi di sì...».
A proposito di famiglia, sono tempi tragici per tante donne.
«Voglio lanciare una provocazione: colpa nostra se i nostri figli imparano già da piccoli a essere diversi dalle loro sorelle. È su quell’uguaglianza che si gioca il valore del rispetto. Quante madri di assassini si nascondono dietro a frasi come Mio figlio, poverino, è fragile. E loro dov’erano?».
Anche De André le sue zone d’ombra le ha avute e anzi le ha riconosciuto un ruolo salvifico.
«Vero ma sue bui s’è sempre sforzato di buttarci luce, a cominciare dall’abuso di alcol. Ha saputo aggrapparsi alla vita, all’amore. L’ha fatto anche immedesimandosi negli ultimi, da grande empatico qual era, nel dare voce a quel che magari dava pruriti ai benpensanti ma che dava conto dell’umano. Era un anarchico ma sapeva prendere le distanze dai bombaroli perché gli interessava proprio l’Uomo. Ha pagato per questo ma alla fine chi lo criticava è diventato un carneade e lui c’è ancora».
C’è intatto il suo spirito nelle canzoni che stanno traguardando anche cambi generazionali nella musica. Perché?
LA VERITÀ È UNA CANZONE
«Perché lì c’è verità e la verità è come quando si canta una canzone: c’è solo un modo giusto per cantarla, altro che clic e trucchetti microfonici. Col talento ci si nasce».
A proposito di canzoni, qual è la sua preferita tra quelle di Faber?
«Quella che ascolto in quel momento. Faber è con me, sempre. Però con gli anni ho imparato ad averne una più cara delle altre. È Hotel Supramonte. La scrisse per me e ogni volta che la riascolto trovo in quelle parole significati nuovi e profondissimi».
La compose dopo il vostro sequestro e disse che quella drammatica esperienza era stata la santificazione della vostra relazione d’amore.
LA SARDEGNA, IL SEQUESTRO E GIGGIRIVA
«Ne uscimmo vivi, più forti e più consapevoli. Non ci costituimmo parte civile contro i nostri carcerieri: l’avevano fatto senza poter scegliere una vita diversa a differenza dei loro capi. E credo che quel gesto servì ad aprire un dialogo con la Sardegna intera».
Gigi Riva, che aveva tanto amato Preghiera in Gennaio, quel dialogo lo rafforzò, diventandone un idolo.
«Erano anime affini lui e Faber. E si stimavano da lontano. Fece eccezione alla lontananza quella sera, a Genova, raccontata da Federico Buffa nel suo spettacolo Amici Fragili. Vorrei vederlo».
LE FEDI DIMENTICATE
È vero che vi siete dimenticati le fedi il giorno del vostro matrimonio, il 7 dicembre 1989?
«Sì. Per fortuna il sindaco non ci chiese lo scambio degli anelli. Eravamo già sposati da quindici anni e lo saremmo stati fino a oggi. E oltre. Senza bisogno di anelli».
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