OPERA VARESOTTA
La Valceresio domina Venezia dall’alto
La quadriga della chiesa di San Marco è stata realizzata dalle copie plasmate dallo scultore di Viggiù Ezio Negretti

Sulla facciata di una delle chiese più fotografate e ammirate al mondo, da oltre quarant’anni svetta un’opera della scultura della Varesotto. La quadriga che adorna la chiesa di San Marco a Venezia, posizionata appena sopra il portale principale, è stata infatti realizzata dalle copie plasmate da Ezio Negretti, scultore di Viggiù, che, così, ha messo la firma su uno dei simboli più riconosciuti della celebre basilica della laguna.
Il capolavoro è composto da quattro cavalli la cui datazione, d’epoca romana, è decisamente incerta e oscilla di quasi un millennio, ovvero tra il quarto secolo a.C. e il quarto secolo d.C.. È invece certo l’episodio che permette a una delle opere di un figlio della Valceresio di dominare Venezia dall’alto: nel 1978, infatti, per evitare che i preziosi bronzi originali continuassero a rovinarsi a causa delle intemperie, del sale della laguna e dell’inquinamento, si decise di sostituirli, spostarli nel museo interno alla chiesa e, al loro posto, mettere delle copie.
La quadriga originale, infatti, va ben oltre la rarità: tra le opere d’arte provenienti da Costantinopoli, la più celebre è infatti rappresentata dai famosi cavalli di bronzo dorato e argentato, che furono razziati dai Veneziani, durante la IV crociata dall’Ippodromo di Costantinopoli, la capitale dell’Impero romano d’Oriente e posti sopra il portale centrale della basilica. Delle molte quadrighe che ornavano gli archi trionfali dell’antichità, questa è l’unico esemplare al mondo rimasto.
Quindi, all’aperto, meglio lasciarci una copia. Già, ma per realizzarla i Veneziani cercarono chiaramente “un fio (ragazzo) bravo”. Molto bravo. È qui che entra in scena Viggiù e, in particolare, Ezio Negretti, uno degli ultimi scalpellini-scultori viventi in Valceresio, erede di questa grande tradizione legata alla pietra.
«All’epoca - racconta oggi l’artista, che ha superato gli ottant’anni - il quotidiano La Stampa lanciò una raccolta fondi per salvare la quadriga. Quando si decise di sostituirla, molti scultori proposero le loro opere ma, alla fine, si decise di realizzare una riproduzione e contattarono me». Negretti era infatti molto conosciuto nell’ambiente della scultura, perché tra i migliori in Italia nel ricavare delle copie perfette da dei modelli, talvolta partendo anche da una scala più piccola. E così gli equini di San Marco cavalcarono fino a Baraggia di Viggiù dove, ancora oggi, riposano i due esemplari in gesso, realizzati in quattro mesi da Negretti. Essi furono la base per realizzare quelli nella versione definitiva, in bronzo, che, ancora oggi, svettano su San Marco, uno dei luoghi più iconici al mondo. «È un’emozione grandissima essere citato nei libri di storia dell’arte per questo contributo - afferma ancora l’artista - così come avvenuto per la porta di San Giovanni in Laterano a Roma, disegnata dal Bodini e realizzata col mio contributo».
I cavalli viggiutesi di San Marco hanno spento da poco le quaranta candeline e rappresentando la ciliegina sulla torta di una famiglia, quella dei Negretti, che ha dedicato la sua stirpe più recente nel plasmare la pietra, partendo da Carlo e poi attraverso i due Emilio, il papà e il figlio di Ezio Negretti che sta proseguendo la dinastia nello studio di Baraggia.
«Oggi è cambiato tutto - racconta il papà della quadriga - si lavora spesso al computer e con tecnologie sempre più sofisticate, mentre noi facevamo tutto a mano». E anche tra Viggiù, Saltrio, Clivio e il resto della Valceresio, il “panorama scultoreo” è decisamente cambiato: «Una volta - ricorda Negretti - tutte le famiglie avevano qualcuno impegnato nella lavorazione della pietra: cavatori, scalpellini, scultori, bottegai. Senza contare che moltissimi andarono a lavorare all’estero, come nello Stato americano del Vermont e lasciando tracce in tutto il mondo. Spesso si utilizzava la pietra di Saltrio, fantastica da lavorare, perché malleabile come il marmo, anche se di un colore leggermente più grigiastro», rispetto al materiale tipico soprattutto di Carrara.
A proposito dei grandi artisti varesini che hanno lasciato un segno nel mondo, in questa pagina si vuole realizzare una carrellata di alcuni dei “nostri” migliori maestri.
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