LEGO
La costruzione del proprio mondo

Alzi la mano chi da piccolo non si è sentito pienamente realizzato dopo aver messo l’ultimo mattoncino rosso alla stazione dei pompieri, oppure giallo al castello dei cavalieri o bianco all’ambulatorio della dottoressa.
Bambini e bambine di ogni parte del mondo hanno passato giornate e giornate a creare dal nulla i loro sogni: per qualcuno è stato un passatempo nelle giornate di pioggia, per altri una sfida con sé stessi; per altri ancora il primo passo verso una carriera da ingegnere, perché poi a pensarci bene far restare in piedi una colonna di cubetti di plastica è come far stare in piedi un palazzo: alla fine, le regole della fisica sono le stesse.
Dev’essere per questo che il Lego oggi è ormai entrato nel patrimonio genetico di ogni persona: sempre uguali eppure sempre diversi, nella loro apparente semplicità i mattoncini colorati aprono un infinito universo di possibilità. Pochi forse sanno che i mattoncini colorati furono inventati nel 1932 da un falegname danese: nel lontano 1916 Ole Kirk Kristiansen aveva aperto la sua bottega a Billund, nel bel mezzo della penisola dello Jutland: costruiva mobili per le fattorie, quando gli avanzava qualche pezzo di legno costruiva anche giocattoli che vendeva alla gente del posto in cambio di patate.
Il marchio Lego nacque nel 1932 e da allora è l’acronimo di “Leg Godt”, che in danese significa “Gioca Bene”. All’inizio i mattoncini di Kristiansen erano di legno, la svolta arrivò nel 1949 con il diffondersi dell’utilizzo della plastica, all’inizio meno resistente ma più elastica e quindi più indicata per garantire incastri efficaci. Da allora è stato un lento affinamento: nel 1958 nella parte inferiore dei mattoncini furono aggiunti i cilindretti che garantiscono più stabilità, nel 1963 l’acetato di cellulosa usato fino a quel momento per gli stampi fu sostituito con l’Abs: da allora, raggiunta la perfezione i mattoncini Lego sono rimasti sempre gli stessi: oggetti semplicissimi, ma solo in apparenza.
Per garantire la precisione nel montaggio delle costruzioni e l’intercambiabilità di ogni pezzo, le misure di ogni mattoncino hanno una tolleranza di soli 2 millesimi di millimetri. Manco a dirlo, le catene di stampaggio (che si trovano in Danimarca e in Svizzera) sono modernissime e tutte automatizzate: computer e sensori tengono sotto controllo pressione e temperatura in ogni fase della produzione.
Secondo Lego solamente 18 pezzi su un milione non superano il controllo di qualità finale. Il che davvero non è molto, anche per un’azienda che ogni anno di mattoncini ne sforna 20 miliardi, praticamente una media di tre per ciascun abitante del pianeta! Il risultato? Non è raro che oggi padri e figli sperimentino mettendo insieme le loro collezioni: i pezzi comperati nel 2020 sono compatibili con quelli prodotti nel 1970, che in cinquant’anni grazie alla plastica Abs si sono dimostrati praticamente indistruttibili. Certo, in mezzo secolo anche la Lego è cambiata: sono arrivare le serie per i bambini piccoli (Duplo, nel 1969) e per quelli più grandi (Technic, nel 1975); sono arrivati gli omini con le braccia snodabili (1974), poi le serie speciali. Ma alla fine tutte queste innovazioni hanno inciso solamente fino a un certo punto, perché il vero successo della Lego sta proprio nell’immaginazione di chi lo usa.
Forse proprio per questo c’è chi sostiene che da quando nella scatole sono apparse le istruzioni di montaggio, il “buon gioco” abbia perso un po’ del suo fascino. Ma in fondo le istruzioni per costruire macchine complicatissime, astronavi e dinosauri sono solamente un suggerimento: nulla vieta dopo aver messo l’ultimo mattone di ricominciare da capo, magari reinterpretando le istruzioni per creare qualcosa di nuovo, anche reinventando l’astronave aggiungendoci parti del camion da gelataio. Oppure semplicemente incastrando un mattoncino sopra l’altro per cercare di costruire una torre che arrivi fino al soffitto.
Una sfida da bambini? Sicuro, ma anche un modo per mettere alla prova e sviluppare le proprie capacità manuali, la logica e la fantasia. Tutte doti che prima o poi nella vita tornano sempre utili.
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