ROMA
Liliana Segre nel film-testamento, 'così ho vissuto'

(di Alessandra Magliaro)
(ANSA) - ROMA, 23 APR - Affronta il dolore di una esperienza
indicibile, si mostra con la famiglia non senza complicazioni,
si apre al pubblico con generosità, si fa conoscere meglio di
quanto non abbia già fatto in questi anni, a costo - ormai è
storia nota - di attirare l'odio social, ma Liliana Segre,
classe 1930, mantiene la lucidità implacabile di "essere Segre",
oggi una delle ultime persone a testimoniare la Shoah. "Essere
Segre" ossia costretta a ricordare la sua storia impressa in
quel numero tatuato sul braccio ad Auschwitz a 13 anni, 75190
per il semplice fatto razzista di essere ebrea, costretta ma al
tempo stesso determinata ad esserlo nel momento in cui molti
anni fa ha scelto di farsi simbolo, testimone, memoria per le
nuove generazioni. La senatrice a vita è anche Liliana, l'ex
bimba di Corso Magenta 55 a Milano con la famiglia sterminata,
poi innamorata, moglie, madre, nonna, passaggi che per una donna
come lei non sono comuni né scontati.
Questa storia unica è in 'Liliana', il film documentario di
Ruggero Gabbai in onda domani 24 aprile alle 21.20 su Rai3.
Dopo la premiere alla Festa di Roma, l'uscita evento in oltre
250 sale nel Giorno della Memoria a fine gennaio, arriva in tv
questo commovente e potente film-testamento che ha il grande
valore di restituire al pubblico una donna con una vita
eccezionale, entrando nel dettaglio di tutta la sua esistenza e
documentando anche il suo privato, che comprende solitudine,
depressione, pessimismo, e per la prima (e unica) volta fa
parlare anche i figli Federica e Alberto e il nipote Filippo. Il
film di Gabbai, sorvolando l'ondata di odio di cui è stato
oggetto a gennaio sui social, è costruito intorno a storiche
interviste di inizio anni '90 custodite nell'archivio della
fondazione ebraica Cdec e a un'altra intervista realizzata a
settembre 2024 nella sinagoga di Pesaro e al mare.
A volere il film sono stati soprattutto i figli, consapevoli
dell'eccezionalità di quella madre che per 45 anni non ha detto
nulla della sua esperienza, "il ricordo non mi ha mai
abbandonato ma ho dovuto aspettare di diventare nonna per avere
dentro di me la forza di testimoniare", dice.
Da allora non ha mai smesso, diventando motore di tanti segni
per non dimenticare primo fra tutti Binario 21, il memoriale
della Shoah alla stazione di Milano. Nel film racconta di avere
costante nella sua vita il pessimismo e oggi? "Il pessimismo
vive in me, persino in antitesi con me stessa che, uscendo da
Auschwitz ed evitando di uccidere il mio aguzzino tedesco, avevo
scelto di non odiare, avevo scelto la vita. Durante la marcia
della morte - ha risposto all'ANSA - non avevo scelta, dovevo
camminare per vivere. E così oggi sono pessimista ma non posso
fare a meno di mettere una gamba davanti l'altra anche in un
momento orribile come questo".
Il pessimismo le fa aggiungere che "tra 30 anni sulla Shoah ci
sarà nei libri un rigo e poi neanche più quello e non solo per
merito dei negazionisti sempre attivi. Con il tempo che passa si
dimentica tutto, non solo la Shoah. Alcuni paesi poi come la
Germania hanno fatto un grande lavoro di elaborazione del
passato, in Francia no e in Italia ritengo neppure. Io ho fatto
la mia piccola parte di donna di pace che non ha concepito la
vendetta, sono vecchia e mi fa essere serena, anche se questa
recrudescenza di antisemitismo, lo ammetto, non me lo aspettavo"
ha aggiunto Segre costretta a essere protetta dalla scorta.
"Liliana" ripercorre ogni tappa della sua vita, un racconto
ascoltato già in altre occasioni, quello che però il film svela
riguarda i figli e anche il trauma di esserlo. In una scena
terribile Federica Belli Pace racconta che a 13 anni la madre le
lesse il suo diario della prigionia, "qualcosa - dice la figlia
- di terapeutico per lei che aveva vissuto Auschwitz a
quell'età, traumatico per me". Ha ammesso oggi con sincerità
Liliana Segre: "Non mi ricordavo di essere stata così orribile,
sono pentitissima di aver fatto una cosa del genere, non penso
di aver fatto bene a lei e non mi riconosco neanche in una madre
che ha una ragazzina di 13 anni, sapendo come si è a quell'età e
avendo provato il peggio, va a raccontare a lei dei fatti" ha
detto illuminando il vissuto tremendo delle seconde generazioni
dei deportati su cui poco si è raccontato in Italia. Nel film,
Forma International, Lucky Red, Rai Cinema, intervengono anche
Ferruccio De Bortoli, Mario Monti, Enrico Mentana, Geppi
Cucciari, Fabio Fazio. (ANSA).
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