CONTROPASSATO PROSSIMO
L’ultimo volo dello Shuttle Challenger: 28 gennaio 1986
È un viaggio diverso: le tribune sono piene e mezza America è davanti alla tv

Cape Canaveral, Florida, 28 gennaio 1986, ore 11:38. Sulla rampa del Kennedy Space Center i motori dello Shuttle Challenger si accendono. La terra trema e la navicella, agganciata all’enorme serbatoio e ai due razzi – booster – laterali, inizia a salire.
È la missione STS51-L, la 25esima del programma spaziale. Ma quello è un viaggio diverso, l’entusiasmo è palpabile: le tribune sono piene, i bambini sventolano le bandiere e mezza America, elettrizzata, è collegata con la Cnn. Soprattutto, le scuole elementari e superiori: professori e studenti applaudono e urlano di gioia alla partenza.
A bordo infatti c’è una di loro: Christa McAuliffe, insegnante di storia e inglese alla Concord High School, in New Hampshire. Arabo-americana, due figli, 37 anni, è la classica “ragazza della porta accanto”: la prima civile tra le stelle, ma “lo spazio è di tutti”, ha detto commossa prima di imbarcarsi. Non solo: dal cielo farà due lezioni di scienze in diretta a tutta l’America.
Dopo il mitico allunaggio di Neil Armstrong il 20 luglio 1969, lo “spazio” aveva perso popolarità. Per ravvivare l’interesse – e nuovi finanziamenti – nel 1984 Ronald Reagan aveva allora lanciato il programma “Teacher in Space”: così, a tutti “verrà ricordato il ruolo cruciale che giocano gli insegnanti e l’educazione nella vita della Nazione”. Christa, selezionata tra oltre 11 mila richieste, è subito diventata una figura amatissima: ha rilasciato interviste e addirittura partecipato al “Tonight Show starring Johnny Carson”, il talk show più famoso d’America.
Con lei, a bordo, il capitano Dick Scobee, il pilota pluridecorato del Vietnam Michael John Smith e la specialista Judith Resnick. Poi Ellison Onizuka, il primo asiatico-americano in volo, e il capitano dell’Air Force Gregory Jarivs. Infine Ronald McNair: afroamericano, Phd in fisica, cintura nera di karate e sassofonista. Vuole registrare un assolo, il primo brano musicale eseguito nello spazio.
Insomma, sta iniziando una nuova era dei viaggi spaziali, come dimostra la composizione dell’equipaggio. E dal volo del Columbia nel 1981, lo “Shuttle” – il primo mezzo riutilizzabile, una sorta di camion volante – è l’avanguardia della tecnologia e dell’innovazione del mondo. Un’icona, l’orgoglio nazionale: “la razza umana non è lontana dall’andare tra le stelle”, si diceva.
Il lancio, previsto per il 22 gennaio, è stato rinviato più volte. Prima un guasto al portellone, poi il gelo che ha investito la Florida. Non si dovrebbe volare sotto i 12 gradi: le guarnizioni di gomma – gli “O ring” – col freddo diventano fragili e rigidi.
Nella notte del 28 le temperature sono sotto lo zero. La rampa è ricoperta di ghiaccio, e tirano raffiche di vento. Ma poi spunta un bel sole e allora inizia il countdown: lo show deve continuare.
Lo Shuttle parte. Tutto bene: i motori sono al 104%, quasi il doppio della velocità del suono. Il pubblico esulta e applaude. In 74 secondi è già a 14 mila metri di altezza: “Challenger accelera a tutto gas” dice il Centro di controllo. “Accelero”, risponde Scobee. Poi un lampo, un bagliore. Nel cielo si vedono gli sgorbi del fumo del propellente. Il Challenger è esploso, si è disintegrato.
Il mondo – in diretta Tv – è sbigottito. Nessuno capisce cosa sia successo: “i primi giorni sono stati solo un enorme flusso di dolore”, ha scritto il giornalista Bob Holer. Solo mesi dopo la Commissione d’inchiesta spiegò: si era aperta una falla nel booster destro, ma l’O–Ring, persa l’elasticità per il freddo, non l’aveva coperta. Così il fuoco aveva colpito il serbatoio. Tutto per una guarnizione, quindi. Il volo del Challenger fu vissuto come una tragedia e un fallimento catastrofico. Quelle immagini, ancora oggi stampate nella memoria di tutti, sono un simbolo del Novecento. Ma il programma spaziale andò avanti. Nel 2007 Barbara Morgan, un’altra insegnante, raggiunse le stelle con la missione STS-118. Era la sostituta di Christa, e nonostante la tragedia non si era fermata, perché quell’impresa, disse, “ci porta tutti un po’ più lontano”. Tutti, “l’intera razza umana”.
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