SENSIBILIZZAZIONE
Nel sangue una nemica del cuore
Livelli elevati di una lipoproteina possono essere fattore di rischio per le malattie cardiovascolari

Livelli elevati nel plasma sanguigno di una lipoproteina - nota anche come Lp(a) - rappresentano un fattore di rischio ereditario per l'apparato cardiovascolare. Nonostante tale valore sia ancora poco monitorato, sappiamo per certo che questo sottotipo di lipoproteina, biosintetizzata nel fegato, è responsabile del trasporto del colesterolo cattivo nel sistema circolatorio.
La sua misurazione, oggi più richiesta dai cardiologi, consente di individuare per tempo alcuni soggetti sicuramente a rischio e ottimizzare le scelte terapeutiche, con risultati migliori nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, prima causa al mondo di morte e disabilità.
Nonostante la misurazione della Lp(a) richieda un semplice prelievo di sangue, non è ancora ampiamente diffusa nella pratica clinica. La sua standardizzazione potrebbe invece offrire un'importante opportunità per ridurre i rischi in pazienti già colpiti da infarto, ictus e altre patologie cardiache.
La ricerca farmaceutica sta facendo molti passi avanti nello sviluppo di trattamenti mirati a ridurre nei cardiopatici i livelli di Lp(a). Molecole appartenenti alla classe degli ASO e siRNA sono già disponibili per valutare i benefici legati a questa riduzione.
Oggi sappiamo per certo che la Lipoproteina (a) si nasconde nei geni di un soggetto su 51 persone. Frequenza molto elevata.
Scoperta nel 1963 da Kåre Berg, il suo rapporto causale con la malattia coronarica e l’infarto del miocardio è stato inequivocabilmente accertato nel 2009 con uno studio genetico compiuto da un vasto consorzio europeo.
Ricerche successive hanno confermato come elevati livelli di Lp(a) (>50 mg/dl di siero sanguigno) contribuiscano allo sviluppo di aterosclerosi e stenosi aortica, un pericolo per entrambe di infarto miocardico e ictus.
Sul piano etimologico va detto che le donne over-50 presentano alte concentrazioni di Lp(a), il 17% in più rispetto agli uomini, condizione legata alla menopausa.
Uno studio del 2022 ha inoltre evidenziato che i soggetti geneticamente predisposti presentano livelli elevati di Lp(a) sin dalla nascita e già il sangue del cordone ombelicale può essere un valido indicatore di questi livelli. Valori superiori a 30 mg/dL sono stati associati a un aumento del rischio di ictus ischemico nei bambini e negli adolescenti.
Di questi argomenti si è parlato in occasione della Giornata mondiale della Lipoproteina (a) - lo scorso 24 marzo - ad un evento organizzato a Milano da Novartis.
«Il rischio cardiovascolare legato a questa particolare lipoproteina sta diventando sempre più un tema di attenzione, soprattutto nei pazienti con precedenti eventi acuti o altre patologie cardiache - conferma Claudio Bilato, direttore della Cardiologia agli Ospedali dell'Ovest Vicentino e docente alla Scuola di specializzazione in malattie dell’apparato cardiovascolare all' Università di Padova - livelli elevati di Lp(a) possono aumentare del 20% i casi di infarto e ictus».
In questi pazienti l'ospedalizzazione rappresenta un percorso obbligato poichè i livelli di Lp(a) si abbassano immediatamente dopo l’evento, ma possono triplicarsi nelle settimane successive.
«I livelli di Lp(a) possono segnalarci il rischio cardiovascolare - prosegue Mario Crisci, dirigente medico della Cardiologia interventistica all'Ospedale Monaldi di Napoli - pertanto lo screening rappresenta un'opportunità concreta per prevenire eventi acuti evitabili. La Lp(a) è un fattore di rischio che predice e peggiora il rischio cardiovascolare e lo screening rappresenta un'opportunità concreta per prevenire eventi acuti evitabili - la misurazione della Lp(a), dovrebbe essere presa in considerazione almeno una volta nella vita di ogni adulto per identificare coloro con livelli ereditari molto elevati, il suo dosaggio andrebbe inserito nel normale percorso di ospedalizzazione a seguito di sindrome coronarica acuta o ictus e ripetuto a distanza di 1-3 settimane dall’evento acuto».
Al momento, la gestione dei pazienti con elevati livelli di Lp(a) è gravata dal fatto che non esistono farmaci approvati specificamente per ridurne i livelli e i cardiologi si concentrano su strategie indirette, come il controllo di altri fattori di rischio (colesterolo LDL, ipertensione, diabete).
Solo nei casi più gravi si ricorre all'aferesi delle lipoproteine, una procedura invasiva simile alla dialisi per rimuoverle fisicamente dal sangue.
Tuttavia, negli ultimi anni, la ricerca farmacologica ha compiuto progressi significati con nuove molecole ancora in fase di sperimentazione clinica.
«Le malattie cardiovascolari restano un’emergenza sanitaria globale. Il nostro impegno è quello di individuare soluzioni terapeutiche in grado di rispondere a questa sfida e renderle disponibili a un numero sempre maggiore di pazienti, garantendo loro una migliore qualità di vita sul lungo periodo e che nessun cuore smetta di battere troppo presto» ha concluso Paola Coco, direttore medico-scientifico di Novartis Italia.
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