IN TRIBUNALE
«Non volevamo scontri con la polizia»
Parla il capo degli Arditi a processo per i tafferugli dopo Varese-Fortitudo

«Io ho preso 15 anni di Daspo, oltre che condanne per rapina ed evasione, e mi sono sempre assunto le mie responsabilità per ciò che ho commesso dentro e fuori da stadi e palazzetti. Ma questa volta non ho fatto nulla. Nelle mie condizioni di salute, con un pacemaker, non ce la facevo nemmeno a stare in piedi, figuriamoci ad andare allo scontro. Comunque, ribadisco: non era stata decisa alcuna colluttazione con le forze dell’ordine. Volevamo solo confrontarci con i tifosi di Bologna che stavano salendo sul pullman». Marco Murano, capo degli Arditi, è l’unico tifoso che - a differenza degli altri 14 imputati che hanno optato per la messa alla prova o il patteggiamento - ha scelto di affrontare il dibattimento nel processo per gli scontri dopo il match di basket Varese-Fortitudo del 24 aprile 2022.
Quel giorno un gruppo di ultras biancorossi cercò di aggirare lo sbarramento di polizia e carabinieri per raggiungere la tifoseria rivale, usando bastoni, cinture e petardi. Murano (difeso dall’avvocato Marco Bianchi) è accusato di concorso morale in violenza a pubblico ufficiale. Accusa che respinge: «Abbiamo aspettato che defluisse il pubblico, perché noi non vogliamo creare problemi con le famiglie - ha continuato davanti al giudice Alessandra Sagone - Abbiamo fatto i soliti cori, gli sfottò verso i bolognesi, ma non c’è stato alcun incitamento a scagliarsi contro le forze dell’ordine, né da parte mia, né da parte di altri. Peraltro, c’erano anche le telecamere, sarebbe stata una follia. Ci siamo guardati in faccia, ho detto ai ragazzi “qua non si può far niente, ci arrestano tutti”. Io mi sono spostato per sedermi perché non mi sentivo bene. Poi mi sono distratto un attimo ed è successo il parapiglia».
Nella prossima udienza (il 20 maggio) sarà esaminato il video di ciò che successe fuori dal palasport. Poi arriverà la sentenza.
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