EMILIANO MASI
Wasi, il rap mentale dell’artista sconosciuto
Trent’anni, varesino, ha appena lanciato il suo primo album

E’ cosa nota degli ultimi anni. Il rap sta trovando nel Varesotto nuova linfa, grazie a un’originale cerchia di giovani artisti da attenzionare. Tra cui Wasi, all’anagrafe Emiliano Masi, nato trent’anni fa proprio a Varese città e cresciuto nel quartiere di San Fermo. È di inizio ottobre il rilascio del suo album di debutto, Artista sconosciuto, il punto di partenza discografico di un progetto che vuole raccontarsi con schietto nichilismo, ma il cui centro poetico è l’inquietudine dell’escluso. Un laboratorio creativo mai consolatorio.
«Mi sono appassionato al rap già alle elementari, – ricorda Wasi – quando passavano gli Articolo 31 in radio e tv. Mi sono appassionato ancora di più alle medie, quando ho scoperto il rap americano. Da lì ho iniziato a fare ricerche anche sul rap italiano, soprattutto dopo l’esplosione di Fabri Fibra. E poi ho deciso di farlo per gioco con amici con cui avevo una passione in comune. Abbiamo fondato la crew Stato Brado con cui abbiamo iniziato a organizzare eventi, a far suonare sia noi sia tutti i gruppi e rapper singoli che non avevano spazio, perché non c’erano molti punti di ritrovo in quel periodo. Già da prima avevo conosciuto il producer Xqz e da lì è partito un progetto solista, nato dallo scambio che ho avuto con lui». Il rapper varesino parla innanzitutto di situazioni famigliari e biografiche vissute in prima persona, le quali non sono però mai slegate dal territorio da cui proviene: «La provincia di Varese fa parte della mia esperienza personale, ho sempre vissuto qui ed è ciò che conosco meglio. Penso che sia una provincia che ispira molto perché è verde, c’è molta natura, ma c’è anche la noia tipica dei piccoli paesi dove tutti conoscono tutti. Questa cosa ti influenza per forza: la desolazione da un lato e la bellezza del posto dall’altro. Perché penso che la provincia di Varese sia bellissima, però ti fa sentire anche malinconico».
L’album è appunto un compendio di riflessione rabbiosa e malinconia esistenziale: «Nella musica che ascolto in giro si sentono tutti dei vincenti, non c’è mai il punto di vista di una persona che è consapevole che la vita sia piena di fallimenti e disperazioni. Questo è invece quello che ho provato a fare io. In più ho cercato di creare un immaginario cupo e onirico, ricreando quella sensazione (ma prendetela con grosse pinze) che trovi in David Lynch: un’atmosfera onirica fatta di cambi musicali e frasi ricorrenti. Quello è il suo punto di forza». Il titolo è autoironico: riascoltando i provini dei brani, persino il telefono di Wasi lo indicava come «artista sconosciuto».
Il risultato finale punta sul giusto dosaggio tra cinismo lirico e introspezione meditativa. Di quest’ultima, il singolo Fumo solorappresenta uno dei momenti più riusciti. A un orecchio profano possono arrivare sfumature quasi indie. Tuttavia il rapper specifica: «Mi è sempre piaciuto fare cose più chill, più rilassate, ma l’indie è un genere che non conosco. Ci sono però dei filoni dell’hip hop che hanno quelle sonorità e che ascolto molto, per esempio J Dilla. Sono cose che ascolto da sempre e che mi piace fare molto di più della roba incazzata. Se farò uscire altre canzoni, sicuramente saranno simili, più morbide, avranno influenze un po’ jazz e magari collaborerò con musicisti o cantanti. Ma manterrò sempre una matrice hip hop».
Se cercassimo su un motore di ricerca le parole «rap» e «Varese», il primo risultato che otterremmo è il gallaratese Massimo Pericolo, di cui Wasi è amico di lunga data: «Anche per via del suo vissuto personale, il suo è un rap molto più di strada. Il mio è più mentale, per quanto anche lui scriva nella stessa maniera ma con un’attitudine molto più street. La cosa che ci accomuna è invece una scrittura molto personale, molto sincera».
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