L’ITINERARIO
I tesori di Monza

La Reggia, il Parco e l’autodromo. Ma non solo. Monza è una città piena di angoli nobili e dove si scrisse la storia. Uno di essi farà piangere i monarchini: si tratta della Cappella Espiatoria, che sorge nel punto in cui il 29 luglio 1900 l’anarchico Gaetano Bresci uccise il re Umberto I di Savoia. Dopo l’assassinio, l’erede e successore Vittorio Emanuele III incaricò l’architetto Giuseppe Sacconi, autore dell’Altare della Patria a Roma, di progettare un edificio commemorativo, inaugurato nel 1910. E così sorse, appunto, la Cappella Espiatoria.
Tra i simboli contenuti si citano la Pietà bronzea di Ludovico Pogliaghi, grandi croci in alabastro, lo scettro e la corona del Regno.
Nel basamento della colonna è ricavata una cappella decorata a mosaici, mentre al di sotto si sviluppa una cripta in cui un cippo in marmo nero segna il punto dell’attentato. Il progetto fu probabilmente approvato dalla Regina Margherita: nelle decorazioni e nella cancellata non manca infatti, il motivo della margherita, suo segno distintivo. Insomma, si tratta di un’opera dal valore storico e artistico su cui, doverosamente, in questi giorni è partita un’altra fase di restauro che permetterà di riportare la cappella all’antico splendore e a renderla più fruibile al pubblico.
Ma, chiaramente, se si parla di Monza, i principali gioielli culturali sono due: così diversi, così ugualmente emozionanti. La Reggia e il regno della natura, ovvero il Parco.
La Villa Reale fu costruita tra il 1777 e il 1780 su progetto di Giuseppe Piermarini per volere dell’arciduca Ferdinando d’Asburgo, Governatore generale della Lombardia austriaca e grazie al cospicuo finanziamento dalla madre, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria. L’idea era austriaca, ma il cuore che batteva era tutto lumbard, a partire dalla soluzione planimetrica a U, tipica delle ville lombarde settecentesche, il cui cortile d’onore era delimitato dalla Cappella di corte a sinistra e dalla Cavallerizza a destra. Dopo l’Unità d’Italia, la villa fu donata dal Parlamento a re Vittorio Emanuele II. Il re, a sua volta, la cedette al figlio primogenito e principe ereditario Umberto in occasione delle nozze con Margherita di Savoia.
Nel 1878 Umberto salì al trono e fece di Monza la residenza estiva della corte. I nuovi ospiti vollero quindi una radicale opera di ammodernamento e ri-arredo, che seguiva il gusto neo-rococò. L’opera fu però interrotta dalla repentina morte del re per mano dell’anarchico Gaetano Bresci il 29 luglio 1900. Furono quindi ritirati gli oggetti personali da parte della casa reale e la villa venne chiusa e dimenticata. In seguito, solo un lungo lavoro ha potuto restituirne, almeno in parte, l’originaria fisionomia, dove spiccano anche i giardini all’inglese di 40 ettari e il Roseto Niso Fumagalli.
Venendo invece al Parco di Monza, si tratta del gioiello verde della città brianzola e della Lombardia: nato nel 1805 e progettato da Luigi Canonica, allievo di Piermarini, ha una cinta muraria di oltre 14 chilometri, vale a dire il più esteso parco cintato d’Europa, a racchiudere addirittura 700 ettari (quello di Villa Toeplitz, a Varese, è di 4 ettari). Al suo interno si trovano tre zone principali: vicino alla Villa Reale, a sud, si trovano i giardini e campagna aperta, a nord c’è invece il Bosco Bello un tempo utilizzato per la caccia e poi c’è la fascia lungo il fiume, con vegetazione da zona umida.
Il parco è anche un’oasi sicura, per le tante specie animali e vegetali che lo abitano. Oggi, passando dal Rondò della Stella o lungo viale Mirabello e del Gernetto, è possibile, socchiudendo gli occhi, osservare un piccolo concentrato di quello che era la Brianza ottocentesca: boschi, prati, coltivi, il Lambro, le cascine e le ville, i mulini inseriti in un ambiente apparentemente naturale, ma attentamente progettato.
Un parco senza precedenti e ancora oggi unico nel suo genere da visitare a piedi, con i pattini, in bicicletta o a cavallo. Una bellezza senza tempo. Come Monza.
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