DIETA DI INFORMAZIONE
Esercitiamo il diritto di scelta su cosa guardare
Il self-service globale e digitale che ci responsabilizza

L’idea che anche il calcio si sia frantumato in mille appuntamenti televisivi non è nuovissima, ma certo quest’anno il distanziamento sociale tra una partita e l’altra, tra un fornitore della diretta e l’altro, tra un telecronista andato di qua e uno ritornato di là, con il mister Antonio Conte che spopola prendendosi un po’ in giro in uno spot di Sky, è diventato ancora più evidente. Siamo sicuri che lo spezzatino calcistico non ci faccia venire la nausea? E che cosa ci dice tutto questo fiorire di mezzi diversi semplicemente per vedere una partita? Intanto che il rito collettivo stile Fantozzi, «chi ha fatto palo?», si è ancora più seriamente trasferito - e il Covid ci ha messo del suo - dalla visione in comune, vicini vicini, alla discussione in diretta via chat mentre ognuno di noi guarda il match come può, dove può. C’è poi un tema che riguarda la nostra dieta di informazione e di intrattenimento in generale e quella televisiva in particolare. Ognuno di noi è ormai tenuto a crearsi, essenzialmente sul telefonino, ma anche sui televisori di nuovissima generazione, un palinsesto personale di preferenze sia in merito ai contenuti sia a proposito dei contenitori sia per quanto riguarda i mezzi di ricezione del segnale che ci interessa. Un tempo, accendevi una cosa e “subivi” scelte altrui, oppure no, al massimo scanalavi tra un numero progressivamente e costantemente in aumento di stazioni sintonizzate. Oggi invece scarichi app, fissi notifiche, scegli un modo per ascoltare podcast, registri per vedere o rivedere, ti iscrivi a newsletter che ti ricordano che cosa ti piace ricordare, vedere, ascoltare. Un analogo discorso vale per la fruizione della musica. Di pezzettino in pezzettino, di app in app, di suggerimento in suggerimento di ciò che ti potrebbe piacere visto che ti piace, chessò, Prince, di strumento in strumento, sul telefonino costruiamo le nostre identità digitali, fatte di gusti che tracciano la nostra navigazione sul web. Detto in estrema sintesi, è come quando andiamo al ristorante e ordiniamo quello che ci piace, soltanto che nel nuovo mondo iper-digitale, oltre a scegliere che cosa ci piace, dobbiamo fare alcune cose, dobbiamo inseguire il segnale che ci interessa nei luoghi da dove viene emesso, in un certo senso dobbiamo andare in cucina e preparare i piatti che ci piacciono. Insomma, non esageriamo, diciamo che viviamo in un self-service globale e digitale che ci responsabilizza nelle scelte, che ci chiede di fare alcune cose e tendenzialmente di pagare sempre di più. Tanto anche i pagamenti sono, e per fortuna, sempre più smaterializzati. Come si sa: occhio non vede cuore non duole. E dunque buona televisione a tutti.
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