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L’immortalità della Madonna Sistina

I suoi angioletti paffuti, irriverenti e pensierosi, immersi in nuvole impalpabili, sono diventati un’icona pop, riprodotti su magliette, tazze, borse, tovaglioli di carta, agende... Ma la Madonna Sistina di Raffaello, conservata a Dresda, è uno dei capolavori dell’artista più ammirati nel mondo, pur godendo di scarsa fortuna critica in Italia, citata e studiata dalla metà del Settecento da filosofi, poeti e letterati, da Winckelmannn a Goethe, da Hegel a Freud, Dostoevskij, Tolstoj e Grossman, Ernst Bloch, Martin Heidegger, per elencarne solo alcuni.
In occasione dei cinquecento anni dalla morte di Raffaello, la Madonna Sistina ritorna virtualmente nel luogo per il quale è stata realizzata, la chiesa del monastero di San Sisto a Piacenza, attraverso un evento espositivo, curato da Manuel Ferrari, Eugenio Gazzola e Antonella Gigli, che ne ricostruisce le vicende e consente di conoscere meglio il luogo che le diede il nome. Raffaello ricevette infatti la commissione dell’opera da papa Giulio II nel 1512, che voleva così onorare lo zio Sisto IV della Rovere, da qui il nome Madonna Sistina; il capolavoro rimase a Piacenza fino al 1754, quando fu ceduta dai monaci piacentini, per ripianare i debiti del monastero, fu sostituita da una copia di Giuseppe Nogari, al Grande Elettore Augusto III di Sassonia per l’enorme cifra di 25.000 scudi romani.
A Dresda è rimasta fino alla Seconda guerra mondiale, quando venne nascosta a Mosca dai nazisti, insieme a numerose altre opere d’arte, fino al 1956, quando fu restituita alla Germania dopo una grande mostra al museo Puskin di Mosca, visitata da oltre 1 milione e 200 mila russi.
La mostra ricostruisce le vicende del monastero piacentino, parzialmente nelle competenze del Demanio militare a cui deriva da una serie di passaggi iniziati con le soppressioni napoleoniche, oltre duecento anni fa.
«Può apparire incredibile - scrivono i curatori - che la mostra ruoti intorno a due assenze. La prima, il capolavoro di Raffaello, inamovibile dalla collezione della Pinacoteca di Dresda; la seconda, il monastero di San Sisto. Per entrambe queste due gloriose assenze abbiamo cercato di attuare una forma possibile di restituzione culturale e civile, e prima ancora civile che culturale».
Il percorso introduce alla scoperta del complesso religioso a partire dal cosiddetto «appartamento dell’abate», per la prima volta aperto al pubblico; qui inizia un allestimento museale che descrive le vicende del monastero, dalla sua fondazione imperiale nel secolo IX, per volere di Angilberga, moglie dell’imperatore carolingio Ludovico II, ai cambiamenti intervenuti in epoca moderna. Il percorso prosegue quindi nella chiesa, nella cui cripta si ripercorrono le vicende legate alla Madonna Sistina, dalla commissione alla vendita nel 1754 per ripianare gli ingenti debiti del monastero.
In mostra le peregrinazioni dell’opera sono ripercorribili anche con il docufilm YOU. Story and glory of a masterpiece di Nicola Abbatangelo e i libri e le parole di letterati e filosofi: Dostoevskij, racconta la moglie, rimase per ore immobile a contemplarla, mentre lo scrittore Vasilij Grossman, che la vide al Museo Puskin a Mosca dove fu esposta in una memorabile mostra, scrisse che «fin dal primo sguardo c’è una cosa che si impone, immediatamente, prima di tutto: è immortale».
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