PRIMA RIBELLIONE
Lo sport, la più grande macchina dei sogni
L’unica metafora della vita che accettiamo con naturalezza

L’idea che lo sport sia parte della nostra vita da subito e da sempre è dimostrata dal fatto che la prima cosa che i bambini fanno in autonomia dai genitori, a parte tutto ciò che serve alla sopravvivenza, è mettersi a correre. Peraltro questa è anche la prima forma di ribellione, perfino in chi non è certo detto finisca a sfasciare una racchetta urlando “You cannot be serious” all’arbitro di sedia, come un artista alla John McEnroe. Si potrebbe dire che la prima istanza di rivolta adolescenziale incominci laddove il passo da infermo e caracollante diventa spedito e rapido, laddove comincia lo sport. E poi la prima cosa che i bambini imparano, a parte tutto ciò che serve alla sopravvivenza, è ad andare in bicicletta, prima con e poi senza le rotelle. Qualcuno perfino le salta, le rotelle. E poi la prima cosa che i bambini prendono a calci è una palla, ben prima del tran tran quotidiano o di una bottiglietta d’acqua a bordo campo in un gesto di stizza. E ancora, la prima volta in acqua, e la prima volta sulla neve e la prima volta con un arco in mano, ma quest’ultima sarebbe una storia troppo personale. Lo sport è di tutti per questa ragione: è nella nostra natura, nella nostra crescita individuale, dalle prime corse lontano da mamma e papà al primo divano a saperne di più, ma molto di più, dello sventurato commissario tecnico della Nazionale, che poi è soltanto uno, e nemmeno il più preparato, ovviamente, tra i sessanta milioni di commissari tecnici italiani.
Lo sport è la nostra vita parallela, lo specchio con il corpo che vorremmo avere, il podio su cui vorremmo salire, i record che vorremmo stabilire. Se è di squadra, è l’apice del nostro naturale senso di appartenenza, spirito di accettazione, desiderio di comune sorti e comuni sforzi, di comunità. Se è individuale, è l’apice del nostro naturale sogno di realizzazione singolare, istinto di competizione, voglia di affermazione identitaria e personale, di cittadinanza. Con lo sport passiamo i nostri momenti più intimi, se ci pensate. Nello sport, magari racchetta alla mano, facciamo i nostri più lunghi dialoghi con noi stessi. Dopo lo sport proviamo le stanchezze più piacevoli, il calore di un gesto gratuito per sé. Che poi il bello è che da prima forma di ribellione - l’elenco degli sportivi ribelli (anche non campioni) sarebbe lunghissimo - diventa sempre anche prima la forma di regola che accetti abbastanza sereno: il fallo fischiato, la dieta da seguire, il mister che ti fa uscire o ti fa entrare. Lo sport è l’unica metafora della vita che accettiamo con naturalezza, senza cavillare, senza snobismi letterari. Per questo un evento come le Olimpiadi è davvero e sempre così dannatamente letterario, perché è mito e vita reale senza soluzione di continuità.
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