MUSICA
Van De Sfroos e la Madre Folk
Il cantautore racconta il suo ultimo lavoro. «Una donna mi disse: aggrappati al folk»

«Abbiamo allestito la sala di registrazione in un agriturismo in mezzo a mucche, cavalli, asini, tori. Sembrava di essere immersi nella madre natura». Davide Van De Sfroos parla consciamente di un ambiente materno, paesaggistico o lavorativo che sia, per presentare il suo ultimo album Maader Folk. La Madre Folk, quindi. Uscito la settimana scorsa, il disco è tanto in apparenza distante dalle sonorità del cantautore laghée quanto tipicamente vandesfroosiano. Respira nuove arie, come recita l’iniziale Fiada, ma non dimentica il grembo da cui proviene.
Per Van De Sfroos la gestazione del progetto, sospeso a gennaio 2020 a causa della pandemia, è stata un tassello cruciale: «Che cosa succede a un disco che rimane a fermentare mentre tu lo riascolti per vedere se c’è qualcosa da correggere? La cosa commovente ma anche strabiliante era analizzare le tematiche dei brani alla luce di quello che stava succedendo. Alcune canzoni possono sembrare scritte per il momento che abbiamo vissuto». Vissuto nel vero senso della parola, poiché Van De Sfroos ha contratto il virus quest’inverno. Proprio durante la convalescenza ha avuto l’epifania del titolo: «Una sera la febbre era salita e andai a letto. Ma anche se non stavo male, non riuscivo a dormire. Allora lasciai accesa la radio, e da lì partivano playlist improbabili con canzoni molto alternative e lontane da quello che faccio. La notte sognai una donna dal volto multietnico che mi diceva: “Resta aggrappato al tuo folk, perché è eterno, ci sarà sempre su qualsiasi pianeta. Non è importante se ascolterai la tromba dei mariachi o una banda della Valtellina, se suoneranno canzoni western o morriconiane. È sempre folk e io sono la Maader Folk”. Era un compendio, perché questo disco ‘torna a casa’ anche se fa da pioniere attraverso suoni affascinanti». Sono infatti tante le influenze, anche grazie all’estro del produttore Taketo Gohara: «Abbiamo canzoni che possono sembrare surreali. Nel Nomm unisce un rave country con banjo a un coro martellante da stadio. Goccia di onda ha ritmiche tribali maori: Taketo ha usato conchiglie come strumenti a fiato nello stile di Mauro Ottolini».
Ultima ad aggiungersi alla tracklist è stata Oh Lord Vaarda Gio con la partecipazione di Zucchero: «La canzone era nel cassetto da una decina d’anni. Diedi le bozze di chitarra e voce a un amico e la sua preproduzione le rese stellari, irrinunciabili. L’inglese ha fatto subito pensare a Zucchero Fornaciari. Non ho avuto coraggio di chiedergli di mettere le strofe in dialetto, ma lo ha fatto di sua spontanea volontà. Nell’ascoltarle mi sono venuti i brividi. Queste due lingue che si incrociano e giocano con un inglese improbabile diventano un invito a una latitudine spirituale universale. Non importa se sei cristiano, induista, buddista. È il “Lord” che abbiamo dentro». Il videoclip ha come protagonista Mauro Corona: «Sappiamo che Mauro è scrittore, scalatore, falegname. Questo è un disco immerso nelle questioni della natura, ha come caratteristica l’esterno, il mondo: è l’antidoto al lockdown. Quale sciamano-artista poteva essere il simbolo di una canzone del genere, se non lui?».
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