RAPPER
Massimo Pericolo e il sentimento di riscatto
Fra Brebbia e Laveno la sua vita scorre fuori dagli schemi regolari

Le censure non fanno per lui, neppure quando parla di se stesso. Dopo aver infranto ogni tabù, compreso quello di stupefacenti e carcere svela se stesso nel suo libro Il signore del bosco. Massimo Pericolo si racconta per parole e immagini, in un volume fotografico edito da Rizzoli. Tra gli artisti più amati e popolari della nuova scena rap italiana, Massimo Pericolo, pseudonimo di Alessandro Vanetti, nato a Gallarate nel 1992 si apre in un lungo un racconto duro e sincero la provincia come scelta di vita, come culla di contraddizioni, il lago, i “fantaboschi” che possono essere luoghi da cartolina oppure tetri e minacciosi. Risponde a Oltre con quel pizzico di eccitazione ed entusiasmo che si ha quando parli con una persona di famiglia. «Sono contento di questa intervista perché con Oltre e La Prealpina condividiamo lo stesso mondo, quello della provincia di Varese, che io amo. Sono contento di potermi raccontare su questo giornale», ammette al telefono mentre ha lasciato da poco la stazione di Gavirate, dove ritrova sempre leggerezza e spensieratezza. Del resto nonostante il successo ha scelto di restare a vivere in zona. «Sono legato alle montagne e al lago. Mi piace stare in auto, tirare indietro il sedile e guardare proprio questi monti e i boschi che ben conosco. Anche quando è arrivato il successo alla fine ho deciso di rimanere qui, perché ci ho vissuto per troppi anni e sono affezionato Le città non fanno per me: se dovessi proprio scegliere di trasferirmi però preferirei Roma a Milano. Ma comunque resto qui». Vorrebbe evitare frasi scontate e cliché ma vede proprio nella sua vita difficile prima del successo, quella che racconta senza veli o finto pudore. «Ci sono davvero pochi tabù nella nostra società», ammette anche quando si affronta il fatto che abbia parlato del suo disturbo ossessivo compulsivo e di un crollo psicologico legato a degrado e messaggi affettivi contraddittori. «Certo che la sofferenza che ho vissuto mi ha permesso poi di essere quello che sono, con la mia musica e il rap. Forse è scontato dirlo, ma è così perché cantando racconto quello che sento. Adesso sono orgoglioso di quello che sono e va bene così. Per me poter parlare di tutto è una esigenza». Proprio sul tema dei disturbi mentali sottolinea: «Un tema che si affronta serenamente in pubblico, anche se ancora c’è molta ignoranza nel senso che non si conosce. Anche Tiziano Ferro ha parlato di recente in un documentario che ho visto. Non penso che sia coraggioso parlarne ma è giusto perché da professionisti si affrontano anche i disturbi». E dunque cosa è tabù per Massimo Pericolo? «Il tema della giustizia in Italia. Siamo ancorati al “Chi sbaglia paga” ed è anche giusto. Ma spesso ci si trova in alcune situazioni tanto che neppure dipendono da te. Ci sono alcuni episodi di criminalità che non dipendono dalla persona, bisognerebbe anche comprendere cosa accade. Anche perché poi si finisce nel tritacarne dei tribunali». Situazioni di vita vissuta che Massimo Pericolo non ha mai nascosto e che ha raccontato. E fanno parte del suo fascino e allo stesso tempo della sua genuinità tanto amata e apprezzata. «Ho sempre fatto rap fin da giovane. Per questo rappo di un mondo che conosco». E il fantabosco? «Richiama la Melevisione, un programma che vedevamo noi bambini degli anni Novanta. Simpatico e infantile, per una fonte di ispirazione. Il fantabosco da un lato è un luogo di fantasia dall’altro per me è un modo simpatico per dare un nome a posti esistenti». Fra le pagine dedicate alla sua vita che si snoda fra Brebbia e Laveno, racconta una vita fuori dagli schemi regolari con una famiglia difficile. «In realtà guardandomi indietro c’è qualcosa che mi manca: gli amici, oltre a cose che non posso fare. Prendere e andare in giro, fare festa e soprattutto mi manca la spensieratezza che avevo ma che era propria di quell’età. Ci sono cose che crescendo non puoi più fare». E il successo ha cambiato la vita? In meglio? E il rapporto con la famiglia? Una raffica di domande personalissime a cui il rapper risponde senza nessun filtro. Vero. «Prima di tutto il successo lo vivo come un sentimento di riscatto, anche per le persone che come hanno avuto un po’ meno di altre dalla vita. Ed è inevitabile il confronto rispetto anche al mio passato. Era scontato che non avessimo alcune cose e adesso che mi trovo dall’altra parte, ammetto che è ancora difficile. Anche perché devo gestire questo rapporto complicato di passaggio con un sentimento contrastante. Prima ero dalla parte di quelli che non avevano, adesso invece sono dalla parte di chi ha». I racconti del rapporto difficile con la madre: «Adesso ho il miglior rapporto che posso avere con la mia famiglia. Mentre i miei nonni a Brebbia restano il mio faro. Il legame con loro è ancora più gratificante. Loro si che erano davvero in pena per me». Dunque con i primi soldi guadagnati da famoso, Pericolo ha fatto una cosa semplice: «Ho affittato una casa bella, è stato la prima casa bella dove ho vissuto. E poi ho noleggiato un’auto. Mi sono improvvisamente ritrovato a cambiare lo stile di vita ma non ho fatto cose pazze. L’unica vera piccola follia è stato quella di allestire una palestra in casa dove allenarmi perché ora non posso più andarci (per via della fama, ndr)». Il rapper è un idolo dei giovani e nel suo racconto emerge però che da ragazzino ha fatto cose che i genitori combattono, come non andare a scuola. Da adulto si è riappacificato con lo studio. «Devo ammettere che il percorso scolastico non mi è mai piaciuto a parte qualche professore, però amavo fare le cose da ragazzini ovvero biagiare e quel periodo spensierato da adolescente. Ora mi appassionano le biografie e la filosofia, vorrei studiare cinese». E il prossimo progetto musicale? «Vorrei imparare a usare meglio la mia voce, so appare ma vorrei cantare meglio».
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