IL PERSONAGGIO
Scarnecchia: da calciatore a chef stellato

Correva l’anno 1985 quando anche Roberto Scarnecchia correva. Correva verso la porta dell’Inter con addosso la maglia del Milan prima di piazzare il pallone in fondo al sacco, per il 2-2 che garantì ai rossoneri il passaggio del turno e la qualificazione alla finale di Coppa Italia contro la Sampdoria. È per quel gol che è ricordato dai tifosi del Diavolo, allo stesso modo che sull’altra sponda del Naviglio ricordano Giuseppe Minaudo, che l’anno dopo infilzò la porta milanista garantendo il successo all’Inter: giocatori che non lasciarono altra traccia di sé a San Siro se non per quel momento indimenticabile, il gol nel derby.
Del resto, Roberto Scarnecchia, professione ala, velocissimo e tecnico, specializzato negli assist, a Milano restò poco. Passò gli anni migliori della sua carriera nella natìa Roma, sponda giallorossa, dove però in quel ruolo era chiuso da tal Bruno Conti, mica da uno qualsiasi.
E così, proprio nell’anno in cui i giallorossi vinsero lo scudetto, a metà stagione fece rotta verso Napoli prima di passare anche da Pisa e finire appunto a Milano, dove giocò le sue ultime gare in serie A, in tutto 110.
Appese le scarpe al chiodo l’eclettico Scarnecchia non si è certo fatto mancare le esperienze: nel calcio è rimasto nei panni di allenatore, anche se a livello dilettantistico, dal 2008 al 2014; prima, negli anni ‘90, è stato docente formatore alla Bocconi, e ancora ha seguito un master per insegnare alla Business School ad Harvard.
Ma la sua via era un’altra, tracciata fin da quando andava in ritiro precampionato in Trentino con i compagni della Roma, perché Roberto Scarnecchia ha sempre avuto due passioni: il pallone e i fornelli.
E in ritiro si dilettava a cucinare per i compagni, pare con risultati così soddisfacenti che poi iniziò a fare sul serio: cuoco nel locale aperto dal padre a Roma, responsabile della parte ristorativa del primo Milan Point, chef al Marina Palace di Genova e poi al «Vino di Ismaro», nei pressi di Alessandria, dove ha conquistato la stella Michelin nel 2012 prima di tornare nell’amata Roma, dove adesso cucina in un suo locale, «La trattoria della stampa», in un vicolo non lontano dalla fontana di Trevi, e all’«All in one», all’Eur.
Spontaneo il paragone tra campo e cucina: «La preparazione dei piatti la mattina o il pomeriggio - ha detto - è come l’allenamento, poi l’ora e mezza abbondante in cui arrivano i clienti è la partita».
Vinta sia da giocatore che da chef.
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