MUSICA E SENTIMENTI
Ron: «Canto l’affetto per la mia famiglia
Nel singolo “Sono un figlio” l’affetto per i genitori. Magnago, dove vive la mamma, ha trascorse molte giornate della sua infanzia

«Mi piace sapere che anche in un momento come questo, in cui abbiamo vissuto male questa pandemia, io non mi sono mai sentito solo». Circondato dall’amore dei propri cari, l’artista è al riparo dalle preoccupazioni del mondo. È questo il messaggio dell’ultimo singolo di Ron, Sono un figlio, occasione per il cantautore pavese di raccontare per la prima volta la storia di suo padre Savino e di come, cercando rifugio durante la Seconda guerra mondiale, incontrò sua madre Maria. Canzone e videoclip parlano di radici e ricordi, nel segno della vicinanza spirituale tra il cantante e la sua famiglia. La sorella Enrica è del resto produttrice esecutiva del video. Nome d’arte di Rosalino Cellamare, Ron non ha bisogno di presentazioni. Eccezionale compositore, chitarrista, collaboratore di Lucio Dalla, festeggia nel 2021 il cinquantennio di carriera. E se deve guardarsi indietro, sa chi ringraziare per prima: «Sicuramente i cinquant’anni di vita musicale mi hanno portato a capire che fin da quando ero bambino la mia famiglia ha capito quello che avevo dentro. C’è stato sempre un grande amore da parte loro nei miei confronti, che era anche stupore nel vedermi così appassionato. Fin da quando ho cominciato a fare i primi concorsi a 12-13 anni non li ho mai sentiti dire “Ah no, adesso pensa a studiare” eccetera. Per loro era importante che io fossi felice e questa è una delle cose più belle che si possa desiderare». Il video è girato nella Lomellina, nei luoghi della memoria di Ron, al Centro Ricerche sul Riso di Castello D’Agogna. Nei campi di riso adiacenti è installato il Risegno, primo esempio europeo di una rosa dei venti disegnata dalle risaie. Come a dire che il ricordo vive anche nei contesti più moderni: «Questa è una terra che io amo tantissimo, me ne rendo conto continuamente. Ogni tanto vado in bicicletta intorno al Naviglio che porta a Milano, ed è uno spettacolo. Mi piace la gente che è molto ospitale. Mia nonna era una mondina, per cui erano quelli i campi di riso che frequentava. In questa zona c’è una riseria meravigliosa dove c’è un museo. E lì c’è uno stanzone antico dove le mondine dormivano durante la stagione. Tutto questo mi ha intenerito tantissimo. Mi è piaciuto unire l’amore per la mia terra e per la mia famiglia».
I luoghi del ricordo di Ron ci sono anche vicini. Sua mamma è di Magnago, e qui ha passato molte domeniche nei suoi anni d’infanzia e adolescenza: «Siamo stati una famiglia che si è riunita continuamente, abbiamo cercato di mantenere cara questa cosa. Non ho buchi nella mia memoria».
Sono un figlio comparirà nel prossimo album in lavorazione. «La pandemia mi ha portato a sentirmi mancante perché non mi venivano né testi né musica. La mia filosofia poi è sempre stata quella della collaborazione con gli altri, fin dall’inizio. Forse sarà stato quel modo di pensare che aveva anche Dalla, che ha sempre avuto quest’idea. Poter collaborare ai suoi dischi, aiutarlo negli arrangiamenti e nelle canzoni che abbiamo scritto l’uno per l’altro ma anche insieme, mi ha portato a fare un album con l’intervento di persone nuove, anche ragazzi molto giovani. Per me la musica dev’essere condivisa».
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