LA TENDENZA
Urbex, ecco l’esplorazione urbana
Gli edifici abbandonati diventano luoghi da scoprire

Molti, banalmente, li classificano come ruderi: da evitare, da detestare, da abbattere a tutti i costi. Altri, dentro quei simulacri, vi trovano la bellezza. Sono quelle fabbriche abbandonate che costellano anche il territorio della provincia di Varese: simbolo di un passato produttivo che ha reso grande l’Italia ma che oggi, oggettivamente, come minimo “stonano” con l’ambiente circostante. Altri tempi, altra sensibilità ambientale. Ma non tutto è da buttare. Tutt’altro «In una società liquida, delocalizzata e di servizi come quella odierna, - racconta Emanuele Bai, uno dei referenti lombardi di Ascosi Lasciti, assieme a Lorenzo Rosa, Stefano Barattini e Christian Goffi - è importante che qualcuno conservi, anche soltanto fotograficamente, il passato produttivo dei nostri nonni». Ma all’interno dell’esplorazione urbana di questi appassionati ci sono anche ville antiche, chiese sconsacrate e tanto altro: «Non rappresentano soltanto un pericolo – aggiunge Bai – ma anche luoghi di cultura e bellezza dove si esalta il fascino del decadimento, dove si sale su una sorta di macchina del tempo in un mix fra polvere e avventura». Prima di iniziare l’esplorazione sono doverosi due consigli: innanzitutto tutti i luoghi abbandonati hanno un proprietario e, quindi, per evitare qualsiasi problema o denuncia, prima dell’esplorazione è meglio contattarli. Poi, una volta dentro, bisogna muoversi come in alta montagna: occhi aperti, attenzione al pericolo ed evitare assolutamente eventuali zone a rischio crollo.
All’interno di questo mondo sarebbe bene differenziare chi pratica per hobby da chi lo fa per necessità. Distinguere tra chi è semplicemente un fotografo amante dell’estetica dell’abbandono e chi invece utilizza questa modalità espressiva per indagare diversamente il territorio come, appunto, l’associazione culturale Ascosi lasciti: «Il battesimo del fuoco – racconta Alessandro Tesei, responsabile comunicazione di Ascosi Lasciti - può avvenire in molti modi, e di solito porta a una sorta di risveglio. Una volta che si intraprende la strada senza uscita dell’esplorazione urbana, si cambia totalmente il modo di vedere e percepire il territorio. Spazi invisibili e ritenuti inutili per l’esploratore, seguendo spesso percorsi mentali e fisici diversi, sono da indagare, ricercando proprio queste zone d’ombra, come se fosse in una condizione costante di realtà aumentata».
Si tratta di una presa di coscienza è un’evoluzione di una condizione innata nell’essere umano, quella che da bambino portava nel casolare diroccato appartenuto a chissà quale strega. «Parliamo di pura curiosità, brama di scoperta e bisogno di adrenalina – aggiunge Tesei - che appartengono forse alla nostra parte meno razionale e quindi confinata per la maggior parte delle persone al periodo dell’infanzia. Eppure tutti abbiamo sempre sognato di vivere le avventure di Indiana Jones, anche da adulti, come se risvegliassero in noi quel bisogno, sopito a forza a causa delle convenzioni sociali. E nei tempi odierni, in cui ogni segreto, ogni luogo, ogni storia sono a portata di un click, l’esplorazione urbana è la risposta a questa voglia di scoperta e avventura».
Il confronto con la rovina non si limita a una più profonda comprensione dello spazio circostante, ma permette anche di indagare noi stessi. Nello specchio della decadenza l’uomo può vedere distintamente la caducità dell’essere: passeggiare in ampi corridoi affrescati in compagnia di piccioni e pipistrelli, sfiorando antichi mobili devastati dai tarli, «permette di riflettere – conclude Tesei - su come la spasmodica ricerca dell’uomo di immortalità, di lasciare un segno importante, sia una mera illusione. Grandi imperi, famiglie ricchissime appena cento anni fa, imprenditori di successo: oggi i loro palazzi stanno crollando, le loro fabbriche sono rifugio per gli spacciatori e tutto ciò che hanno accumulato in vita si sta velocemente disfacendo. L’esplorazione urbana ci mostra quindi l’importanza del carpe diem, dove la rovina è una forma in divenire costante, divisa tra la spinta architettonica e il ritorno alla natura».
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