PER UNA GITA
Valgrande, selvaggia e ancestrale

A poco più di un’ora da Varese si trova uno degli ambienti più selvaggi dell’arco alpino: la Val Grande. D’altronde, con un nome così, ci si deve aspettare qualcosa di maestoso e indimenticabile. Chiusa tra le montagne dell’Ossola, il bacino del Lago Maggiore e la Valle Cannobina, questo territorio vide la presenza di pastori almeno dal XIII secolo e, dal XV secolo, anche di boscaioli. Con la fine della Seconda guerra mondiale, taglialegna e alpigiani abbandonarono la Valle e il bosco riprese il sopravvento. E così, nel giro di cinquant’anni, la Val Grande assunse un aspetto così impervio e selvaggio che nel 1983 fu individuata dall’Associazione italiana per la Wilderness come una delle aree del settore più interessanti a livello internazionale. Dieci anni dopo arrivò il riconoscimento di parco e, oggi, è uno dei luoghi più mistici dove poter ammirare al meglio, almeno in Europa, la natura allo stato più brado, naturale, intonso. Già, perché fra vallette irte e strette, vette selvagge e boschi a non finire, la Val Grande e un vero e proprio scrigno di una bellezza “acqua e sapone”. Tanto che, ogni tanto, regala delle sorprese inaspettate. L’ultima? Nei giorni scorsi è stata osservata per la prima volta una Boyeria irene, una grande libellula di colore verde-grigiastro. Il nome comune “dragone spettro” le è stato dato sia per la colorazione mimetica, sia per le abitudini crepuscolari, che la rendono una libellula difficile da osservare. La specie è presente in Europa occidentale e nell’Africa magrebina, mentre in Italia è segnalata sul Tirreno, in Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna, dove frequenta corsi d’acqua con rive ombreggiate, dal livello del mare agli 800 metri di quota. Andrea Mosini, ricercatore della Val Grande società cooperativa, ha rinvenuto la specie in due diverse aree: il torrente San Bernardino e un ruscello sopra l’abitato di Colloro. Quest’ultima osservazione ricade sul versante ossolano del parco che, per molte specie di insetti, si sta sempre più rivelando come una casa di biodiversità. In Val Grande la Boyeria irene si aggiunge alle venticinque specie di libellule già censite e dove si scopre che il Parco e i territori limitrofi, grazie alla posizione geografica tra le Alpi e la regione insubrica, alle elevate precipitazioni e all’orografia complessa, ospitano il 27% delle libellule presenti in Italia. Come capita spesso laddove la bellezza è stordente, spesso essa nasconde qualche insidia. La Val Grande, infatti, è un’area impervia e, quindi, la percorrenza dei sentieri, alcuni dei quali difficili, pericolosi e ancora non segnati, deve avvenire, soprattutto da parte di chi non conosce la valle, con la massima prudenza e con delle guide. Per esempio, l’area più caratteristica del Parco si trova nella parte più interna ed è protetta da un anello di montagne: raggiungerla richiede parecchie ore di cammino oltre a un buon allenamento. Anche se l’altitudine non è da alta montagna, qui è meglio rafforzare la prudenza e l’attenzione e seguire attentamente tutte le regole di sicurezza che gli escursionisti conoscono. Ad ogni modo, per le famiglie e i poco esperti si consigliano gli 11 Sentieri natura (parcovalgrande.it/sentieri-natura.php) che sono di facile percorribilità. In Val Grande, infatti, ci si può perdere. Ma è sempre meglio perdersi soltanto “spiritualmente” e non fisicamente. Perché, come diceva il filosofo Edmund Burke, «La natura produce la più forte emozione che l’animo sia capace di sentire». E in Val Grande, questo sentire è decuplicato.
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