PINO TUSCANO
La musica rock che unisce

Paladino del rock a Varese, tanto da portare avanti, da alcuni anni, un’originale battaglia che dal 2016 sta crescendo sempre di più: ha ideato infatti un movimento mondiale per far riconoscere dall’Unesco il Rock’n’Roll come Patrimonio Immateriale dell’Umanità.
Pino Tuscano, che è anche presidente del Dopolavoro Ferroviario di Milano (DLF Milano) e membro della Giunta Nazionale DLF, negli anni Ottanta è stato anche ideatore e creatore di una delle più grandi organizzazioni di concerti in Italia.
Negli anni Novanta ha svolto attività sindacale, prima come delegato di base e poi come Dirigente nella Filt Cgil. Tuscano, insieme all’altro varesino Fiorenzo Croci, ha scritto il libro Il movimento d’anca (Edizioni Il Cavedio). Sempre insieme ha portato, attraverso diverse edizioni, il Festival del Rock’n’Roll di Varese.
Come si sta vivendo l’emergenza COVID-19 sul fronte musicale del rock?
«Occorre fare una premessa fondamentale: la musica ci dà certezza, sollievo, ci regala anche una spinta all’ottimismo. È la colonna sonora dell’esistenza, ti accompagna nella solitudine. Ora che dobbiamo stare a casa, lasciamoci aiutare dalla musica. Il ruolo del rock è sempre stato quello di combattere la paura in tanti momenti duri della Storia d’Italia. Per esempio anche durante gli anni del terrorismo ci si chiudeva in casa, e il rock ci dava una mano ad andare avanti. La musica arriva in nostro soccorso in attesa di riprendere il nostro stile di vita e di tornare a fare musica nelle piazze. Perché ovviamente il rock è innanzitutto socialità e condivisione. Ora dobbiamo avere pazienza».
Com’è nato il movimento sulla richiesta del rock’n’roll patrimonio Unesco?
«Abbiamo lanciato questa carovana da Varese qualche anno fa, che ha anche coinvolto personaggi istituzionali di tutti i tipi. Da una proposta locale è diventata nazionale e poi movimento mondiale. Ora eravamo pronti a far approvare dal Consiglio comunale di Varese una mozione, ma adesso ovviamente siamo in pausa».
Avevate in programma altre iniziative?
«Si era deciso, insieme ai responsabili del fan club di Elvis in Italia, di riunirci con i fan club del mondo, si poteva fare a Varese o Milano. Certo, non sarebbe la stessa cosa farlo in videoconferenza, d’altra parte l’obiettivo era anche abbracciarsi e ballare. Non dimentichiamo che il rock’n’roll e il rock sono forme che necessitano della presenza dei musicisti, non è come il rap o l’hip hop che si può fare anche in laboratorio. Inoltre negli spettacoli dal vivo ci sono i montatori, i tecnici, gli strumentisti. Ora però c’è un’emergenza in atto e dobbiamo prima pensare alla salute».
E invece il Festival Rock’n’Roll Varese?
«Abbiamo realizzato diverse edizioni e stavamo pensando a una grande manifestazione il prossimo anno per rilanciare anche Varese. Volevamo realizzare 5-6 eventi già da giugno a settembre, ma adesso è prematuro parlarne, dobbiamo pensare a risolvere l’emergenza sanitaria, vedremo come si evolverà la situazione. Ci piacerebbe abbinare aspetto musicale e quello culturale con tanti eventi e spazio per i musicisti, ma anche per gli scrittori».
Qual è la più grande forza del rock?
«Unire le diverse culture, lottare contro le dittature, combattere la discriminazione. Promuovere l’integrazione tra i popoli, abbattere le frontiere. Ricordiamoci che il rock ha sempre parlato di attualità, ha contribuito a unire i bianchi con i neri, a fare la Storia. Per esempio con grandi concerti come quello dei Rolling Stones a Cuba. Ci sono personaggi che sono diventati iconici, contribuendo a cambiare anche i costumi e la società. Per questo nei nostri eventi ci piace ricordare gli artisti del passato attualizzandoli».
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