FITNESS
Il palo per tenersi in forma

Una pertica e un corpo che si attorciglia su di essa, rimanendo sospeso per aria. A testa in giù, con gambe e braccia che si muovono sinuosamente, ribaltandosi, esponendosi, toccando terra o il cielo. Questa è la pole dance, la danza sulla pertica. Spesso erroneamente confusa con la lap dance, si tratta invece di una disciplina profondamente diversa in quanto, mentre quest’ultima nasce come spettacolo ludico e d’intrattenimento, la pole dance è un’attività sportiva a tutti gli effetti, molto vicina alla ginnastica artistica.
Si basa sull’esecuzione di figure acrobatiche, che richiedono notevoli doti di forza, scioltezza, coordinazione, agilità, flessibilità e resistenza. Fra spaccate, rotazioni, giravolte mozzafiato, una delle figure più impressionanti della pole dance è l’Iguana fall, una caduta in cui la ballerina si lascia andare a testa in giù a peso morto, dando l’illusione di schiantarsi per terra. E, invece, risorgendo e risollevandosi dall’altra parte.
E anche l’origine della pole dance è un intreccio internazionale che vede contendersi la paternità fra Stati Uniti d’America e Cina, dov’è nata cresciuta all’interno degli spettacoli itineranti del circo. Nell’Estremo Oriente, per esempio, il palo era decisamente più largo rispetto a quelli utilizzati oggi e veniva utilizzato per creare delle figure spettacolari e molto complesse, composte anche da più persone in contemporanea, che si arrampicavano facilmente fino ad altezze anche di sei metri.
Oggi, invece, la pertica è lo strumento unico e fondamentale e può essere di diverse dimensioni e materiali: ovvero avere un diametro di minimo 38 fino a un massimo di 50 centimetri ed essere realizzata in acciaio inossidabile, acciaio cromato per elettrolisi o in barre a sezione tonda in ottone. La scelta di materiali e dimensioni è solitamente soggettiva, in funzione sia delle caratteristiche dell’atleta, come costituzione, forza muscolare e dimensione delle mani, sia della performance da eseguire. Le diverse finiture superficiali del palo hanno infatti diverse proprietà di presa: per esempio, l’acciaio lucido è molto scivoloso e dunque più adatto a figure che richiedono meno grip e a danze veloci, mentre i pali di ottone forniscono più attrito, consentendo una tenuta delle mani e delle altre parti del corpo più salda.
La pole dance, accompagnata come tutte le altre discipline della danza, prevede un vestiario «essenziale», solitamente composto da culotte e canottiera, perché la pelle a contatto con il palo dà un’ottima presa fondamentale per le evoluzioni. Di base è un’attività alla portata di tutti ma, come approccio, il consiglio è di affidarsi a dei professionisti che siano in grado di capire le esigenze, procedere per gradi e seguire attentamente l’evolversi dell’apprendimento.
A confermare l’ascesa della disciplina, di recente sono state avviate numerose competizioni. Il primo campionato italiano di pole dance si è svolto a Roma nel 2010 e, negli anni, la disciplina si è via via struttura in maniera più rigida e dal 2013 l’Ipdc (Italian pole dance contest) organizza una competizione annuale all’interno delle competizioni ufficiali da Aidas (Associazione italiana discipline acrobatiche sportive). Il primo campionato mondiale si è invece svolto nel 2005 ad Amsterdam.
Fra le varie competizioni internazionali si segnala, nel 2017, la vittoria ai Mondiali nella categoria +40 della varesina Samantha Fabbrini. Ballerina fino a quarant’anni e poi, quando attorno a sé vedeva solo diciottenni, è arrivato il colpo di fulmine con il pole, l’asta: «Ho visto un video di questa specialità sportiva – racconta la campionessa - ho provato e mi è piaciuto. Dopodiché sono andata a dei corsi e, a mia volta, sono diventata insegnante. Sostanzialmente mi alleno insegnando perché il tempo è poco ma, quando ho una gara, cerco di aumentare i carichi di lavoro per arrivare pronta alla competizione». Tanto pronta da issarsi in cima al mondo. Sulla pertica.
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