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Ron Mueck e l’arte gigantesca a Milano
Alla Triennale, il percorso con 6 delle 48 opere realizzate nel corso della sua carriera: virali non solo per le dimensioni

Centinaia di teschi umani bianchissimi e monumentali rotolati dentro un grande salone algido e luminoso. Ci si cammina in mezzo, ci si gira intorno, come in un paesaggio straniante e metafisico. È la monumentale installazione dell’artista australiano Ron Mueck, che per la prima volta approda in Italia, con una personale ideata per gli spazi della Triennale di Milano.
The mass è il titolo dell’installazione, concepita e realizzata nel 2017 per la National Gallery of Victoria di Melbourne, riallestita negli spazi di Triennale con un intervento site specific che intende aprire un nuovo dialogo tra la scultura e lo spazio, tra il contenuto e il contenitore, tra la serialità e il pezzo unico, affrontando temi universali, che pongono il visitatore in una nuova relazione con il significato dell’opera. Il titolo offre un assaggio delle differenti interpretazioni cui l’opera si presta.
La parola inglese “mass” è infatti riconducibile a molteplici significati, da “mucchio disordinato” a “funzione religiosa”, che costituiscono punti di partenza per l’esperienza personale di ciascun osservatore a confronto con l’opera. La stessa iconografia del teschio è ambigua: associata alla brevità della vita umana nella storia dell’arte e onnipresente nella cultura popolare.
Per Mueck, «Il teschio umano è un oggetto complesso. Un’icona potente, grafica, che riconosciamo immediatamente. Allo stesso tempo familiare ed esotico, il teschio disgusta e affascina contemporaneamente. È impossibile da ignorare, richiede la nostra attenzione a un livello subconscio». Altre cinque opere sono state scelte dal curatore a cura di Hervé Chandès tra le 48 prodotte da Mueck nel suo percorso artistico: si inizia con In Bed (2005), lavoro iconico degli anni Duemila che appartiene alla collezione della Fondation Cartier. Una donna stesa a letto di dimensioni colossali in cui il fuori scala altera la prospettiva, mentre la resa iperrealista della superficie permette all’osservatore di immedesimarsi, avvertendo una sorta di intimità e vicinanza con il soggetto.
En Garde (2023) è un minaccioso gruppo di cani che sovrasta lo spettatore dai suoi tre metri di altezza. Come i teschi e altre opere recenti, anche i cani sono stati realizzati con una tecnica diversa, utilizzando la stampante 3D; vengono meno i dettagli iperrealistici delle primissime opere ma la forza di coinvolgimento non cambia. Con This Little Piggy si assiste a una ulteriore novità: è la prima volta che Mueck concede al pubblico la possibilità di vedere un lavoro in corso d’opera. Si tratta infatti di un piccolo gruppo in argilla ispirato a un passaggio del romanzo Pig Earth (1979) di John Berger, in cui lo spettatore percepisce la forza della materia pura e la presenza della mano dell’artista che manipola l’argilla grezza mentre orchestra i movimenti e le tensioni di questo insolito grande gruppo.
Straordinariamente realistici e, al contempo, stranianti e inquietanti, le altre due sculture in mostra, Woman with Sticks (2009), una donna piegata dallo sforzo nel trasportare una fascina di legna che ci guarda come se la conoscessimo, e Baby (2000), un neonato ispirato all’immagine di un libro di medicina che mostra un bambino tenuto per i piedi pochi attimi dopo il parto. Il neonato però è appeso al muro al contrario, come un piccolo crocifisso, consapevole del percorso di sofferenza della vita.
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