VIOLENZA E RIVOLTA
Torture in carcere, Sos in tutta Italia
Quattro arresti per le violenze su un 18enne nel carcere di Genova. Il Garante: «Se i reclusi non si fossero ribellati per solidarietà nessuno avrebbe mai saputo nulla». Nei nostri penitenziari la situazione è sempre più esplosiva

Il ministro Carlo Nordio tira dritto come se il carcere fosse una bella opportunità di riscatto sociale. Forse non legge ciò che i suoi magistrati devono affrontare tutti i giorni: detenuti che si uccidono, che aggrediscono la polizia penitenziaria o che ne subiscono i soprusi, che abusano dei compagni di cella o che ne sono abusati, che reagiscono al sovraffollamento e ai disagi con rivolte violente, agenti costretti a turni sfiancanti, abbandonati a loro stessi nei gironi (danteschi) della reclusione. Forse Nordio non ha letto ciò che è accaduto al Marassi di Genova nei primi giorni di giugno. Mercoledì mattina gli interrogatori dei quattro indagati - tre egiziani e un italiano - con le accuse di tortura e stupro aggravato. Nessuno ha voluto sostenere il confronto con il presidente della sezione gip Nicoletta Guerrero, i quattro hanno rilasciato solo spontanee dichiarazioni deresponsabilizzanti. «Non sono stato io, non mi sono accorto di niente, non so nulla». Erano però in sei nella cella 8 al primo piano della prima sezione della casa circondariale di Genova: loro tacciono, ma gli altri due no. Il diciottenne seviziato barbaramente portava sul volto e sul corpo i segni di ciò che ha vissuto, l’altro ha confermato gli orrori a cui ha assistito in silenzio, temendo le stesse sorti del ragazzo. Ci era voluto poco perché la voce di quelle angherie circolasse per tutto l’istituto: il 3 giugno scoppiò una sommossa feroce, i quattro aguzzini vennero trasferiti d’urgenza e da quel momento sono sorvegliati speciali. Stando alla ricostruzione del pubblico ministero Luca Scorza Azzarà, condivisa dal giudice per le indagini preliminari Camilla Repetto che ha emesso le misure cautelari, il diciottenne avrebbe trascorso tre giorni di crudeltà inaudite.
UMILIAZIONI INCISE
I quattro gli avrebbero tatuato un pene sul viso ed è stato quel vistoso disegno a far suonare i campanelli d’allarme: impossibile credere che fosse una sua iniziativa bizzarra, poi c’erano le bruciature sul corpo, le tumefazioni, il disorientamento. Il giovane - al suo primo arresto per aver tentato di rubare con la forza un giubbotto su un autobus - sarebbe stato frustato, bastonato, ustionato, tagliuzzato, appeso per il collo alle grate della cella e poi sodomizzato anche con un manico di scopa. La sua colpa? Non aver raccontato ai concellini il motivo della detenzione. Il suo silenzio avrebbe alimentato la voce che spacciasse crac alle minorenni in cambio di prestazioni sessuali, falsità comprovata ma pretesto per sfogare rabbia e frustrazione.
LA SOLLEVAZIONE
Il Marassi si è così trasformato in una polveriera perché va bene l’implicito codice interno al sistema penitenziario, che prevede un duro dazio per reati spregevoli, ma nella cella 8 si è superato il limite. «È stata una reazione a qualcosa che è stato percepito come troppo», dice il garante dei detenuti Doriano Saracino. «Chi vive tra quelle mura è abituato alla violenza. Ma qui si è andati oltre. Senza quella sollevazione, all’esterno nessuno avrebbe saputo nulla. Così invece la verità è uscita».
EMERGENZA NAZIONALE
Mercoledì nel carcere di Torino è stato l’intervento di un agente a salvare la vita a un recluso italiano che aveva infilato la testa in un cappio ricavato dall’elastico dei boxer e legato a un’inferriata. Settimana scorsa disordini a Cuneo: nel tentativo di sedare una lite tra due detenuti che si erano affrontati con un coltello e un bastone, un agente era rimasto ferito con prognosi di quattordici giorni, l’indomani altri due colleghi erano stati aggrediti. A Potenza il tasso di sovraffollamento si aggira intorno al 150 per cento nonostante l’ampliamento e la ristrutturazione della scorsa primavera. Sulla struttura di Pavia ci sarebbe da scrivere un capitolo a parte: caldo torrido, infestazione di parassiti, detenuti l’uno sull’altro.
LE SUE PRIGIONI
A Bologna, a fronte di una capienza regolamentare di 457, risultano ristrette circa 750 persone, a Livorno il tasso è del 133 per cento. Foggia è il peggiore in assoluto. Le condizioni di Rebibbia sono documentate dal puntuale bollettino dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno che a maggio (dopo cinque mesi di detenzione) ha scritto una lettera aperta a Nordio. «Chissà dove andrà in vacanza», si domanda il recluso vip nell’ennesima pagina delle sue prigioni.
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