PARCO DEL TICINO
Un canyon lungo il Fiume Azzurro

Un “canyon” sulle rive del Ticino. O forse anche più di uno. Sì, perché l’affascinante fenomeno delle rocce immerso tra le sponde argillose e la terra rossa che ricorda, appunto, un canyon e che è ben visibile tra Bereguardo e Pavia, nella frazione di Casottole di Torre d’Isola, è il punto dove questa meraviglia è più visibile e avvicinabile. Portando faccia a faccia con qualcosa che caratterizza anche altri spazi lungo le rive del fiume.
«Si tratta di un fenomeno naturale dovuto al fatto che il fiume non scorre dritto – spiega Walter Girardi, guida naturalistica del Parco del Ticino – e, in base alle piene, mangia terreno. La cosa particolare nella zona di Pavia è che lì siamo in pianura, con un terreno diverso da quello della zona prealpina. Il fenomeno dell’erosione è più facile nella zona a nord, dove ci sono ancora tracce di colline moreniche e dove le rocce sono più dure rispetto alla pianura, che ha un terreno più morbido». Nell’area tra Sesto Calende e Turbigo il Ticino si è scavato un percorso negli anni di storia e lo ha fatto «più faticosamente. In pianura il fiume lascia fenomeni erosivi dopo le piene e questo è molto interessante da un punto di vista ambientale. E poi – aggiunge ancora Girardi -, ripeto, l’eccezionalità nella zona di Pavia è che lì si ha una situazione di pianura».
Oltre a essere un luogo più facilmente accessibile grazie ai sentieri. Parcheggiando l’auto a Casottole nella zona di via dei Mille, una strada sterrata porta al sentiero per arrivare ad ammirare il “canyon sul Ticino”: sono segnalati i passaggi più pericolosi, esposti anche a rischi di ulteriori frane proprio per il fenomeno di erosione. «Per quanto riguarda invece l’ansa di Castelnovate – spiega Girardi – il fenomeno è visibile osservandolo dal lato piemontese, così come quello del Turbigaccio, tra Tornavento e Nosate. E da quel lato i sentieri sono meno conosciuti e meno tracciati, dunque il punto di osservazione non è così facilmente raggiungibile dai turisti. Il “canyon” di Pavia è più facile da raggiungere grazie alla fitta rete di percorsi e al sistema di sentieri che nasce su stradine bianche. Erano i sentieri creati con i campi, sono strade che si “perdono” nei campi, percorse un tempo dai contadini con i muli e i trattori. Certo, non bisogna aspettarsi una situazione come quella dei canyon americani, con larghezze strette tra alte montagne molto minori rispetto a quella del fiume, ma è comunque un fenomeno molto emozionante da vedere». E proprio per la tipologia della zona sarebbe anche interessante uno studio per capire che cosa, a fronte di questo fenomeno, accade in acqua. «A fronte del fiume che sgretola la roccia – sottolinea Girardi – sarebbe intrigante un’analisi davanti a questo interrogativo: che cosa succede ai pesci? Perché sicuramente una cosa del genere crea un ulteriore arricchimento nella grande biodiversità del Ticino e costituirebbe un’occasione positiva di approfondimento. Tenendo presente che la Natura fa meno fatica di noi quando si tratta di resilienza, quando si tratta di trasformarsi e adeguarsi. E queste particolari conformazioni sono fenomeni naturali che rendono però più variegato il territorio del Parco del Ticino, che già è un multiforme mosaico ambientale».
Del resto, conclude la guida naturalistica, «un’escursione nel Parco del Ticino significa un mix di sorprese, di angoli, di nicchie da andare a scoprire: rappresenta un vero unicum ambientale».
Una varietà di ambienti che è anche racchiusa nell’area prima accennata del Turbigaccio, tra il Ticino e il Naviglio Vecchio, considerata un “paradiso” per le specie di uccelli e di pesci, ricca di pioppi e di salici ontani e dove non è raro vedere aironi e anatidi. Così come l’ansa di Castelnovate, dove la naturale evoluzione del Ticino ha creato una forma a “S” nella quale per un tratto le acque scorrono da sud a nord, dunque in direzione opposta a quella solita, è circondata da una vegetazione varia e non è raro avvistare uccelli acquatici: un tempo questa zona era usata come porto.
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