PERCORSO ESPOSITIVO
Vittore Frattini tra linee sottili e colorate
La mostra nella storica sede di Palazzo delle Stelline a Milano: opere recenti o storiche per conoscere l’artista

«Ho una foto bellissima, io bambino mentre aiuto mio papà. Ricordo che lavorava ininterrottamente nel suo studio e a me piaceva assistere. Un uomo forte e gentile, buono, un uomo dalla grande fede. La sua caratura si riverbera nei colori delle sue opere. Danno pace. Il suo è un lavoro silenzioso, meditativo. Una passione estrema per l’arte, che ne permea completamente il quotidiano». È il ricordo affettuoso di Max Frattini per il padre Vittore, che da oggi è protagonista della mostra Tra linea e luce, allestita nella storica sede di Palazzo delle Stelline a Milano, e curata da Domenico de Chirico.
Varesino, classe 1937, Vittore si forma dapprima seguendo il papà Angelo, scultore apprezzato e per due volte invitato alla Biennale di Venezia, studia nelle aule di Brera, frequentando le lezioni di Domenico Cantatore. Si accorge di lui Giuseppe Panza di Biumo, che trova nei quadri di Frattini, nei suoi nastri di colore accesi (esposti per la prima volta alla galleria Montrasio di Monza nel 1974), il seme luminoso che anche lui aveva scelto come motivo guida della sua collezione.
«Le tele dai toni sempre decisi, forti, stesi con perfezione totale - scrive Giuseppina Panza di Biumo -, servono a dare risalto alle onde composte da più colori che sembrano attraversarle come in cerca di una via di fuga, come se volessero uscire da quello spazio delimitato». Le sue opere, continua «hanno questa forza, questo tratto deciso e infinito che non si sa né da dove venga né dove voglia finire e si fonde visibile al nostro occhio, solo nel breve tratto che percorre sulla tela. Una magia».
Dallo studio di Vittore sono passati, negli anni, oltre al conte Panza, Renato Guttuso (che lo ha presentato nel 1965 alla Permanente di Milano), Piero Chiara, Mario Luzi, Philippe Daverio, che nella monografia edita in occasione dell’ottantesimo compleanno definisce la personalità di Vittore con l’espressione “Nulla dies sine linea”. «È il ritratto di mio padre - dice Max Frattini -, non passa giorno in cui non tracci una linea. Dal 1956, quando ideò questo segno di confine tra cielo e terra, l’orizzonte».
Linee sottili e colorate sono la sua firma, la sua cifra stilistica, nei dipinti, nelle sculture, nei disegni. «La linea definisce quel confine tra noi e l’infinito, disegna l’orizzonte che spalanca lo sguardo sulla natura infinita e lo alza verso il cielo, aprendo alle infinite possibilità dell’umano. Vittore Frattini costruisce l’esperienza dell’assoluto con la stessa struttura con cui Leopardi compone la sua lirica forse più famosa, L’Infinito, inserendo il confine fisico della siepe che obbliga lo sguardo verso interminati spazi», scrive Alessandra Klimciuk nel testo in catalogo della mostra milanese.
Il percorso espositivo, suggerito dal regista teatrale Davide Livermore e allestito nel visual da Antonio Frana, presenta opere recenti, alcune realizzate dall’artista per l’occasione, ma frutto della progettazione e dello studio di una vita. Una prima sezione è dedicata all’installazione Linee di Luce, composta da 16 Shangai e da una selezione di opere Lumen, le famose tele in cui utilizza colori acrilici luminescenti, che reagiscono alla visione notturna. Nella seconda sezione sono presentate 15 sfere in vetro pieno di Murano, con una bolla centrale, progettate da Vittore e realizzate con la sua regia da un maestro vetraio dell’isola lagunare. Quindici vortici diafani che assecondano il colore e sostengono la luce su molteplici e differenti strati di densità materica.
«L’installazione, in un ambiente buio con il sottofondo musicale di Hendel, si intitola Sinfonia planetariain riferimento a una tradizione che voleva che i pianeti con il loro movimento producessero suoni meravigliosi» spiega il figlio Max. Vittore, che ha Varese (e il suo patrono) nel nome, che ha dipinto e cercato il cielo e l’orizzonte, è anche l’autore della Città Giardino del mosaico - scultura (1993) realizzata con Luigi Veronesi, della scultura a Giovanni Borghi davanti allo stadio (2001), e della Grande V in acciaio inox (2013) al Terminal 1 dell’Aeroporto di Malpensa, dedicata al volo e al cielo, sogno e motivo ispiratore della sua ricerca.
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