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Ex Mizar: «Dove c’era una fabbrica ora lavorano 250 persone»
Marco Reguzzoni racconta il caso del recupero dell’area a Beata Giuliana di Busto Arsizio: «Il problema in Italia sono le regole, norme e prescrizioni rendono tutto complicato»

Il recupero delle aree dismesse è il vero tema urbanistico del nostro tempo. Ne è convinto l’imprenditore e politico bustocco Marco Reguzzoni, uno che della questione se ne intende: da trent’anni, infatti, Reguzzoni si occupa (anche) di rigenerazione urbana. Una delle ultime sfide vinte dall’imprenditore bustocco è stata la rinascita dell’area ex Mizar a Beata Giuliana. Abbandonata dal 2006, quella superficie di 70mila metri quadrati è stata completamente riqualificata, con la creazione di attività commerciali, centri per lo sport e il tempo libero, e il primo cinema multisala (Cinelandia) presente sul territorio di Busto Arsizio.
«Non è stato semplice vincere quella sfida – premette Marco Reguzzoni –, ma abbiamo portato a termine il progetto perché la proprietà dell’area (Sitip, ndr) ha deciso di fare un investimento importante sulla città di Busto. Senza capacità finanziaria e voglia di investire non si sarebbe potuto concludere nulla. Oggi all’ex Mizar lavorano 250 persone». Le ricadute economiche e occupazionali sono sotto gli occhi di tutti. Eppure recuperare un’area dismessa resta un’impresa quasi sempre complicata, talvolta impossibile. «In primis per le normative, poi per una questione di costi – spiega Reguzzoni –. Negli Stati Uniti o in Svizzera, dove ho lavorato, esiste una legislazione più flessibile. Il proprietario, nell’ambito di quei metri cubi, può fare quello che vuole; in Italia si scontra con una giungla di norme e prescrizioni che rende tutto molto più complicato. A Busto abbiamo degli esempi che sono sotto gli occhi di tutti».
Uno dei più clamorosi, ricorda l’esponente di Forza Italia, «è l’ex cinema Oscar, chiuso da più di vent’anni. Il combinato disposto delle normative fa sì che la struttura rimanga inutilizzata. E sia chiaro, ci si scontra con leggi comunali, regionali e dello Stato, perciò la responsabilità va condivisa tra tutti questi enti». Ma gli esempi di recuperi frenati (anche, se non soprattutto) da normative fin troppo restrittive potrebbero continuare, «dall’area ex Milani, dove era previsto un autosilo insensato, all’edificio di fronte all’ingresso dell’ospedale: anche in quel caso le norme non consentono di superare una situazione annosa. E pensare che la struttura ha due piani di parcheggi interrati che in quella zona tornerebbero molto utili». Per Marco Reguzzoni, dunque, una sana deregulation agevolerebbe piani di recupero oggi frenati, se non bloccati, da un coacervo di normative che a volte cozzano con il buon senso.
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