IL GUSTO
A tutta birra

Gli italiani non sono ancora delle idrovore come in Germania, Gran Bretagna o Svizzera ma, anche nel Bel Paese, è boom della birra. Ormai all’accoppiata tradizionale di pizza e boccale di medie dimensioni, oppure ai fiumi di malto e luppolo sgorganti durante le feste o le grigliate con amici, specialmente d’estate, si è aggiunto un consumo continuo, anche d’inverno o in altre occasioni.
Tanto che i livelli di consumo pro capite toccano, per la prima volta in Italia, quota 31,8 litri, record assoluto e in aumento di 0,4 litri rispetto allo scorso anno, per un totale di 19 milioni di ettolitri consumati.
Merito anche dei micro birrifici, che si stanno diffondendo in tutta Italia e anche nel Varesotto. Se, infatti, una volta c’era il nonno che produceva il nocino, la grappa o il limoncello, l’ultima moda, specialmente fra gruppetti di amici, è di compiere un investimento per avviare una produzione di birra.
Oggi in Italia i micro birrifici sono oltre 850 e contano 3.000 addetti. Una crescita esponenziale, se si pensa che nel 2005 erano soltanto 132. Non solo una moda, quindi.
Ma evidentemente si tratta anche di aziende che hanno mercato e, soprattutto, funzionano. «La diversificazione di prodotto delle birre artigianali - commenta Michele Cason, presidente di Assobirra - ha recentemente portato una ventata di novità, contribuendo alla rigenerazione di tanti territori attraverso la valorizzazione di risorse umane e naturali».
Il boom è dovuto «al cambiamento negli stili dei consumi, alla nascita di una domanda più sofisticata per i prodotti agroalimentari e alla crescente interconnessione dei mercati», sottolinea Christian Garavaglia, docente di economia presso l’Università di Milano.
E, come avviene spesso anche in altri ambiti, i micro-birrifici hanno aiutato anche a cambiare i gusti e le tendenze. Se infatti, non troppi anni fa, non c’erano grandissime varietà di birra in commercio e chi si azzardava a ordinare una «rossa», al pub, veniva guardano come la «pecora nera» del gruppo, oggi è tutto diverso.
Le piccole produzioni, ma anche le grandi aziende hanno puntato sulla diversificazione e la regionalizzazione. In commercio si trova di tutto e di più: dai luppoli provenienti dall’altro capo del mondo, all’etichetta sconosciuta e attraente.
Insomma, i birrifici locali hanno segnato indubbiamente un cambio di passo.
Tutto questo «fermento», che gli appassionati di birra artigianale conoscono e apprezzano nei dettagli, ma che balza agli occhi anche dei consumatori meno attenti, non può prescindere dall’esistenza di una rete, forse meno evidente, ma non meno importante, di fornitori di impianti, materie prime, strumenti che rendono possibile il lavoro nelle sale cottura e nei birrifici.
È, infatti, un dogma ormai assodato da tutti che «per creare un buon alimento sono necessarie ottime materie prime».
Si tratta di una questione di gusto più che di veri e propri numeri. Ma non ci sono dubbi che la birra artigianale sia uno dei trend del momento nel mondo bere.
Va ricordato, infine che, per birra artigianale si intende quella non pastorizzata, tendenzialmente non filtrata e realizzata senza conservanti.
Non esiste un disciplinare per la birra artigianale e non per forza va considerata in contrasto con quella industriale. Perché, alla fine, l’importante è brindare (responsabilmente) con un boccale in mano.
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