MUSICA JAZZ
Da Parker a Shorter. Risuona la Storia
Il Fabio Delvò Quartet in concerto venerdì 15 novembre a Varese
E’ un tributo allo swing quello che il Fabio Delvò Quartet porterà al Carrozze Hub di via Albani per la stagione 67 Jazz Club. Il concerto, che si terrà domani sera, venerdì 15 novembre, alle 21, sarà un’occasione speciale per ascoltare le straordinarie composizioni di autori come John Coltrane, Charlie Parker, Wayne Shorter, Charles Mingus e molti altri, attraverso i quali la formazione porrà l’accento sull’importanza dei punti di riferimento che hanno dato vita al grande patrimonio del jazz.
Il sassofonista, compositore e arrangiatore Fabio Delvò, che da anni segue un percorso artistico in continua evoluzione orientato verso la contemporaneità, questa volta ha scelto di tornare al sound della tradizione con un quartetto nuovo di zecca che lo vedrà affiancato da Pippo Mortillaro alla chitarra, Daniele Cortese al basso fretless e Marco Rizzini alla batteria.
Delvò, presente nella classifica Top Jazz 2012 e 2013 tra i migliori talenti jazz italiani, ha collaborato con artisti come Claudio Fasoli, Alberto Mandarini, Achille Succi, Danilo Gallo, Giancarlo Tossani, Jeff Platz, Radim Hanousek e John Mc Lellan.
Delvò, si affaccia alla stagione del 67 Jazz Club con un nuovo quartetto...
«Avevo già un tipo di formazione simile ma i componenti qui sono in gran parte nuovi. Insieme porteremo un omaggio alla tradizione. C’era già un contatto con Renato Bertossi per suonare al Jazz Club. Dopo la sua scomparsa Claudio Borroni e Massimo Bizzozero hanno ripreso il discorso ed eccoci qui».
Oltre a questo jazz quartet, quali sono i suoi progetti?
«Ho varie formazioni, tra cui i Roots, con cui suono soprattutto all’estero, e i Fellows. L’anno scorso ho pubblicato un nuovo disco The crocodile embalsers (DF Records) con mie composizioni di jazz non convenzionale. È questa la direzione nella quale mi muovo, però in questo periodo della mia carriera ho anche voglia di risentire il sound delle radici e lo swing. La tradizione viene assimilata con lo studio ed è un punto di partenza per chi fa jazz. Ancora oggi, vedo nella mia musica una pulsazione jazz e un senso del levare che derivano proprio da lì».
Lei suona anche all’estero, come viene percepito il jazz oltre confine?
«Negli Stati Uniti c’è apertura verso qualunque proposta. Nell’Europa del Nord e dell’Est c’è invece una grande attenzione verso la cultura e questo è un gran bene».
Sta lavorando a qualcosa di nuovo?
«Ho scritto molto materiale per i miei vari progetti. Sicuramente confluirà in qualcosa di nuovo».
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